sabato 24 settembre 2011

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 41. BREVE STORIA DELLA CAMICIA

Il nostro corso di cucito è arrivato all’argomento CAMICIA… ma prima di vedere come si realizza il cartamodello base, mi piacerebbe scrivere qualche riga sulla sua storia, dal momento che è un capo d’abbigliamento assai antico e importante, molto usato e ricco di diversi significati e ruoli.
E’ da circa dodici secoli che l’uomo indossa la camicia. E’ stata simbolo di nobiltà e usata per sottolineare le differenze di classe. Oppure dono galante, le fanciulle ricamavano la camicia che avrebbero donato al loro sposo come regalo di nozze o anche, nel periodo rinascimentale, i cavalieri partecipavano ai tornei indossando sulla corazza una camicia data loro dalla propria dama. Al termine veniva restituita quale messaggio d’amore, se indossata dal vincitore, quale messaggio di morte, se macchiata di sangue dello sconfitto. Purtroppo in alcuni casi è stata strumento di sofferenza, come durante la caccia alle streghe, in cui fu in voga la camicia ardente che, intrisa di zolfo, veniva fatta indossare ai condannati al rogo. Pensiamo anche ad oggi e alla camicia di forza. Negli ultimi centocinquanta anni ha anche assunto significato politico: possiamo ricordare le camicie rosse dei garibaldini, o quelle nere mussoliniane o brune naziste. Non possiamo dimenticare il movimento dei descamisados sudamericani, che si chiamano così per sottolineare la loro disperata mancanza di tutto, anche di una basilare camicia.
L’antenata della camicia che tutti noi conosciamo è la tunica romana di lino (Interula), nel suo colore naturale, che appare a Roma nei primi anni del III secolo d.C. Era un indumento ampio lungo sino a metà coscia con maniche larghe che arrivavano fino ai polsi, fermata da una cintura in vita, che si indossava direttamente sulla pelle. Alla fine del VIII secolo i crociati importarono dall’oriente il Camis, che veniva indossato dai persiani, con le maniche tagliate separatamente e cucite al corpo nei due spacchi verticali, che diverrà la struttura definitiva della camicia. Un rinnovamento decisivo, anche nell’uso dei tessuti, lo incontriamo solo dal XII secolo. Oltre al lino, dal più pesante a quello sottilissimo quasi trasparente, si inizia ad utilizzare il cotone leggero. I modelli sono privi di abbottonatura, con ampie increspature sulle spalle, mentre gli orli dei polsi e delle scollature vengono meglio rifiniti. Con la crescente agiatezza la camicia aumenta la sua presenza nei corredi personali e si impreziosisce nella struttura e negli ornamenti. Si utilizzano tessuti sempre più fini e il bordo delle maniche e lo scollo, allacciati da cordoncini o nastri di tessuto, si ornano di fregi e ricami. Le forme cominciano a differenziarsi nei vari paesi. Siamo nel XIV secolo e le camicie assumono una funzione estetica sempre più rilevante ed alcune città italiane diventano famose per la confezione di modelli di rara bellezza. Le novità della seconda metà del Cinquecento si rivolgono soprattutto al colletto. Intorno allo scollo compaiono piccole arricciature che assomigliano a leggeri volant o collettini piatti che i francesi definiscono “a l’italienne”, colletto usato soprattutto dagli uomini di affari e dagli addetti alle cariche pubbliche. Nelle grandi cerimonie, in Italia, il colletto prende il nome di “lattuga”, confezionata in tela di lino, rifinita con pizzi o punte a merletto. A metà del XVI secolo il colletto a striscia verticale si trasforma in collo rovesciato a bavero e infine nella “gorgiera” che diviene subito il nuovo simbolo della più raffinata signorilità.
La gorgiera è ampia a cannoli rigidi assume la forma di una ruota e richiede l’impegno di molti metri di tessuto. Nasce in Italia. E’ un colletto così importante che si stacca presto dallo scollo della camicia per diventare elemento a parte. In Germania per mantenerla ancora più rigida veniva inamidata e gli infilavano nel bordo esterno un filo di ferro nascosto da un cordoncino di seta. Nasce così un nuovo mestiere, quello delle stiratrici-inamidatrici, mentre gli argentieri allungavano i manici dei cucchiai per mettere alle persone che la indossavano di mangiare. In realtà, essendo così esageramene ingombrante, veniva usata solo nelle occasioni di parata e nei ritratti ufficiali.
Intorno al 1620 entra nell’uso comune un colletto piatto, con punte squadrate, foderato in taffettà, rifinito con pizzi italiani, francesi o fiamminghi, rialzato sa un sottile filo di metallo. Si affermano modelli più semplici, più adatti alla vita di tutti i giorni, in città ma anche in campagna. Ha inizio così l’età barocca, con le sue parrucche e la “collaretta”. La camicia è in questo periodo impeccabile nel suo candore e nella stiratura, morbida nei tessuti e voluttuosa negli ornamenti. Nella primavera del 1600 i cambiamenti più rilevanti avvengono nel campo della lavorazione, dove si inzia a lavorare con i più svariati punti di cucitura ad ago: spilatura, mezza arca, scherzo, rizzo, arca, sole. Anche i ricami diventano sempre più di moda e si eseguono ornati di punto spagnolo, trovato, africo, tondo, ombrato, cartiglio. Intorno al 1630 nasce il vestito maschile, composto dai calzoni alla spagnola, gonfi di pieghe, stretti al ginocchio da nastri e coccarde e chiusi di fianco ad una lunga bottoniera, dal giubbone e dalla casacca. Continuando nella sua evoluzione, verso la metà del XVII secolo, il collo comincia a perdere d’importanza, spostandosi in avanti e cadendo in due lunghi baveri ornati con pizzo. E’ il collo “a rabat”. A questo punto ha inizio una spietata concorrenza tra Italia e Francia nel campo dei ricami. Nel 1669 il ministro francese Corbet fa arrivare segretamente a Parigi un gruppo di merlettaie veneziane e nasce il “punto di Francia” ed è subito un successo. Nel frattempo il Senato Veneto cerca di contrastare il trasferimento delle merlettaie in un paese straniero. Si ordina alle stesse di tornare in patria promettendo loro il perdono, si improgiano i parenti, si incaricano emissari persino di ucciderle, ma nonostante tutto non riuscirono ad ottenere il risultato prefisso.
Per chi volesse saperne di più di merletti e trine può guardare questo sito e fare un giro nel museo virtuale delle arti tessili. http://www.museocaprai.it/ita/index.php
La Francia inizia quindi ben presto ad esportare in tutta Europa i più bei pizzi per camicie e la moda francese stabilisce i canoni dell’eleganza sia in campo femminile che maschile. La moda di questi anni si arricchisce delle famose sete di Lione, broccati dai toni delicati, fioriti e arabescati, mentre le maniche della camicia, grazie a ricchi manichetti di pizzo applicati ai polsi, si allungano sempre di più. La passione per pizzi e trine primeggia fino alla rivoluzione francese. Il gusto per questo ricercatissimo ornamento coinvolse anche gli uomini più sobri come gli austeri magistrati che non poterono rinunciare a questa debolezza. Intanto appare la cravatta che modifica il colletto.
Da quando la camicia è comparsa nella storia dell’abbigliamento, anche il galateo l’ha sempre accompagnata, stabilendo il suo uso a seconda delle diversificazioni sociali, ambientali e soprattutto igieniche. La pulizia corporale era tenuta in scarsa considerazione e la camicia, che sembrava nata per proteggere la pelle, in realtà per lungo tempo ha protetto le vesti dalla sudicia pelle di un corpo mal lavato. I racconti del 400 testimoniano l’abitudine di cambiare una volta la settimana la camicia nonostante trascorressero mesi fra un lavaggio accurato del corpo e l’altro. E così le camicie, ricche, ricamate e ingioiellate, divennero anche profumatissime. Nel 700 il galateo prescrive che esse siano bianche, morbide, fresche. Nascono così le prime lavanderie che importarono dall’oriente la tecnica del bucato a vapore. Contemporaneamente all’affermarsi della cravatta, il gilet va chiudendosi abbottonato sul petto ed i polsini si ridimensionano in brevi volant. Dopo il 1750 lo sfarzoso abito alla francese viene rilegato alle grandi occasioni ed è la moda inglese che comincia ad interessare gli uomini. La vita di città è divenuta più dinamica e comporta abiti più comodi, anche se ancora ricercati nei tessuti e nei colori. Mentre sulle riviste di moda l’attenzione si concentra sui particolari, la Rivoluzione Francese spazza via ciprie, ornamenti e parrucche e per le vie di Parigi scorrazzano i “sanculotti” http://it.wikipedia.org/wiki/Sanculotti con indosso sotto il gilet una semplice camicia di cotone con il collo a bavero senza cravatta ne ornamenti.
Si assiste ad una trasformazione radicale della moda maschile. L’abito di gala viene messo da parte. Niente più fronzoli, il nuovo frac diviene stretto e con il panciotto dall’abbottonatura alta. La camicia ritorna così ad essere un semplice capo di biancheria da esibire senza ostentazione, giusto ai polsi e al collo. Le sartorie ma anche l’industria delle confezioni, verso la seconda metà del secolo, iniziano ad offrire soluzioni sempre più funzionali per i ritmi della vita cittadina. La camicia di tutti i giorni presenta il “solino”, un colletto staccabile basso e con le punte arrotondate, rigido perché inamidato e facilmente sostituibile. Anche i polsi ben presto divennero sostituibili. Finalmente verso la fine dell’Ottocento la camicia abbandona il tradizionale candore bianco e si tinge delle prime sfumature di colore. Sotto la giacchetta di linea dritta fa capolino una camicia di flanella a piccoli disegni colorati che vanno dall’avorio alle tenui tinte pastello: i gialli, gli azzurri chiari, i verdi pallidi, i rosa teneri. Nel nuovo secolo la camicia tradizionale, candida e inamidata, con colletti alti e polsi rovesciati chiusi da preziosi gemelli, resiste sotto il frac nelle occasioni mondane, mentre nel vestiario usato in villeggiatura o nelle attività sportive si impone un modello che offre maggiore comfort e disinvoltura salvando nello stesso tempo il bon ton. Così la moda scopre colletti morbidi per camicie in flanella rigate o quadrettate adatte all’alpinismo o di jersey si cotone o lana per la vela ed il canottaggio. Da questo momento in poi la camicia non si può più considerare come un semplice accessorio del vestito maschile ma, con il moltiplicarsi dei modelli, dei colori e dei particolari, diviene autonoma e si libera ben presto dall’uso della giacca.