venerdì 1 maggio 2015

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 06. COCO CHANEL 1°parte

La vita privata di Gabrielle Chanel ebbe un’importanza fondamentale nel suo percorso creativo, a partire dalla sua infanzia, che nel tempo diventò oggetto di un sempre più esasperato processo di rimozione. La necessità di inserirsi continuamente in ambienti che non le erano propri e la mancanza di radici cui affidarsi, la costrinsero a inventarsi un’identità; una specie di favola che di volta in volta Chanel modificava per rendersi accettabile agli altri, per nascondere parti del suo passato che la ferivano o che riteneva impresentabili. Dalla leggenda della sua esistenza nacquero le sue mode, travestimenti attraverso cui costruiva il proprio personaggio e comunicava agli altri la propria identità. In qualche modo creò abiti solo per sé, per essere quello che voleva essere, per non essere più quello che voleva dimenticare di essere stata, per essere adeguata alla vita che voleva fare.

Nacque il 19 agosto 1883; il padre era un venditore ambulante occasionale, bevitore e donnaiolo, che trascinò moglie e figli in una vita miserabile ed errabonda. La madre era una donna delicata e malata di asma che morì a soli 33 anni dopo aver avuto cinque figli. Quando venne a mancare la moglie, il padre abbandonò i figli e sparì, le femmine vennero affidate ad un orfanotrofio; dai dodici ai diciotto anni Gabrielle visse nell’istituto delle suore del Sacro Cuore di Maria. Terminato il suo internato da orfana, venne messa a lavorare alla Maison Grampayre, un negozio di biancheria e maglieria a Moulins, una piccola cittadina organizzata per le vacanze e i divertimenti ma anche luogo di stanza di diversi reggimenti militari. Gabrielle e Adrienne, sua zia coetanea, rimasero un anno nel negozio come commesse e sarte, poi decisero di aprire una piccola attività in proprio dove continuare a fare riparazioni sartoriali. La conquistata autonomia consentì loro di cominciare a frequentare la vita sociale della città e, in particolare, i giovani ufficiali di cavalleria che la popolavano. Fra i tanti ufficiali c’era Etienne Balsan che proveniva da una solida famiglia borghese di industriali; nel 1908, al momento del suo congedo, chiese a Gabrielle di andare con lui a Royallieu, dove voleva avviare un allevamento di cavalli da corsa. Qui Chanel scoprì un nuovo mondo, quello delle scuderie, dei cavalli, delle corse, della vita spartana e isolata. Probabilmente fu in quegli anni che cominciò a elaborare un suo modo di concepire l’abbigliamento, mettendo a confronto le esperienze avute e il significato degli abiti con cui si era incontrata. Certamente in tale processo ebbero un peso fondamentale le uniformi; l’identità sociale aveva bisogno di un abito adeguato.

A Chanel quello che non piaceva era innanzitutto il ruolo femminile che la moda incarnava: l’odalisca di Poiret, la donna fastosa della Maison Worth, la femme fatale, inutile e bisognosa di cure e protezione che popolava le riviste femminili.
Chanel non si cimentò subito con gli abiti, ma partì modificando i cappelli che acquistava per sé: eliminava gli elementi decorativi troppo pesanti, riduceva le forme, li rendeva più portabili e adatti alla vita che conduceva fra la campagna e i cavalli. Presto la sua abilità destò l’interesse delle donne che frequentavano Royallieu e la cosa le suggerì l’idea di tentare questa strada per raggiungere l’indipendenza. Nel 1909 chiese a Etienne Balsan di aprirle una modisteria a Parigi e l’attività ebbe un immediato successo nel giro delle amiche di Etienne e delle corse, ma Gabrielle non era una vera modista e aveva difficoltà a mettere in pratica le sue idee e decise di contattare Lucienne Rabaté, quella che tutti consideravano una vera promessa nel mestiere, che accettò la proposta e portò con sé due vere lavoranti. Finalmente la modisteria poteva partire con tutte le garanzie. Sostenitore dell’iniziativa prima in senso ideale e poi anche finanziario fù un nuovo amico di Etienne, Arthur Capel, detto Boy, un uomo d’affari inglese ovviamente appassionato di cavalli; In tutti i racconti successivi di Gabrielle venne presentato come l’uomo fondamentale della sua vita.
Gli anni 1910 e 1911 segnarono il primo successo: le riviste cominciarono a pubblicare i suoi cappelli indossati da attrici famose, unico modo per arrivare al pubblico femminile che considerava le dive del teatro modelli di eleganza da copiare.

Durante l’estate del 1913 la coppia seguì l’alta società parigina che, per allontanarsi dai cattivi presagi, si recò in vacanza a Deauville, una cittadina di mare in Normandia in cui, ormai da alcuni decenni, i parigini e i londinesi si recavano per la villeggiatura; cavalli, casinò, barche a vela e negozi alla moda erano gli appuntamenti obbligati di una pigra esistenza che si svolgeva tra passeggiate, incontri per il tè nelle ville, alle corse o al club del polo. La sera si conversava, si andava al casinò o si partecipava a qualche festa privata. I bagni in mare erano ancora una novità che interessava qualche eccentrico o gli inglesi. Gabrielle e Boy intuirono che quello poteva essere il luogo in cui iniziare una vera attività di moda e così lui le finanziò l’apertura della sua prima vera boutique situata nella via più elegante della città. Le signore erano le stesse di Parigi, ma le loro esigenze erano un po’ diverse: gli sport lentamente stavano entrando a far parte dello stile di vita vacanziero e anche il mare e la spiaggia esercitavano un’attrazione nuova. La moda balneare dell’epoca era graziosa e elegante ma ingombrante. Eppure l’aria di vacanza e il contatto con le più spigliate signore inglesi facevano desiderare un abbigliamento un po’ più confortevole. I cappelli semplificati di Chanel conquistarono anche qui il bel mondo; fra le sue clienti c’erano personaggi alla moda, attrici e nobili donne. Ma modificare la foggia del copricapo lasciando inalterato l’abbigliamento non dovette sembrarle sufficiente e così decise di iniziare ad intervenire anche sulla struttura del vestito femminile.

Ancora una volta Chanel si rivolse all’abbigliamento maschile: nel guardaroba inglese di Boy esistevano indumenti pensati apposta per lo sport e per le occasioni non formali. Poi, osservando la vera gente di Deauville, quelli che lavoravano sul mare, scoprì che indossavano maglioni, cuffie di lana, pantaloni comodi; non era forse più razionale adeguarsi alla sapienza antica di quanti da sempre vivevano il mare, piuttosto di opporsi ad esso con indumenti che conservavano una matrice cittadina? Provò a realizzare, innanzitutto per sé, capi di maglia dritti e comodi, poi cominciò a produrre capi da vendere nella boutique: marinare in maglia, pullover sportivi, blazer di flanella copiati da quelli di Boy; era la sua prima esperienza ufficiale di sarta ed ebbe un successo immediato, un successo cui, però, la guerra contribuì in modo fondamentale.

Nel luglio del 1914 scoppiò la prima guerra mondiale. Deauville inizialmente si svuotò: tutti tornarono a casa tranne Chanel che rimase in attesa degli eventi su consiglio di Chapel; ben presto infatti ritornarono tutti e Deauville divenne la meta di fuga precipitosa dalla capitale. Le ville furono riaperte e le signore, questa volta sole, cominciarono una vita inusuale: non potevano considerarsi in vacanza ma allo stesso tempo erano lontane dalla normalità della città. Per affrontare la nuova situazione iniziarono rifacendosi il guardaroba alla boutique Chanel, l’unica aperta, e comperarono gonne dritte, giacche alla marinara, camiciette, scarpe a tacco basso e cappelli di paglia: una divisa adatta per camminare a piedi, le automobili erano andate in guerra insieme ai mariti e agli autisti, e per svolgere le attività quotidiane. Quando gli alberghi cominciarono ad essere trasformati in ospedali per raccogliere i feriti che arrivavano dal fronte, si rese necessario il loro impegno come infermiere e di conseguenza una divisa bianca; le uniformi delle cameriere degli hotel, distribuite alle volontarie per ordine dell’ufficiale medico, vennerò affidate a Chanel che le adattò alla nuova necessità.

Ma c’era un altro luogo, oltre Parigi e Deauville, che la società del lusso aveva scoperto in questi primi anni del conflitto: si trattava di Biarritz. La vicinanza al confine spagnolo aveva trasformato la cittadina basca in centro di attrazione soprattutto per gli imboscati e per quelli che stavano approfittando della guerra per arricchirsi; insieme a loro c’era anche la buona società spagnola che veniva in vacanza. Boy e Coco decisero di ripetere l’esperimento di Deauville, ma questa volta con maggiori pretese: aprirono una vera e propria Maison de Couture che fù collocata in una villa posta di fronte al casinò. L’attività fu affidata ad una sorella di Coco, Antoniette, affiancata ad abili premières e rifornita direttamente da Parigi. La clientela comprendeva evidentemente i nuovi ricchi rifugiati, ma fu soprattutto l’élite spagnola a scoprire la nuova moda e a decretarne il successo: gli ordini fioccavano dalla corte di Madrid e dalle signore di Bilbao e San Sebastian.

L’impresa Chanel nel 1916 contava trecento lavoranti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’impegno bellico della Francia non ridusse la produzione dell’Haute Couture parigina, al contrario, il governo comprese che la moda era una delle poche attività che potevano sostenere il bilancio del paese con l’esportazione e con il consumo diretto. Il mercato americano venne salvaguardato con ogni mezzo, ma il problema era rappresentato dai materiali indispensabili per confezionare abiti. Molti servivano per le divise dei soldati, molti si facevano rari per mancanza di operai nelle aziende tessili. Chanel risolse il problema pensando che i suoi modelli avrebbero dovuto essere di maglia; ma la lana e le lavoranti necessarie mancavano, così acquistò da Rodier interi stock di un tessuto che era stato realizzato a titolo sperimentale: il jersey. L’industriale lo aveva destinato alla biancheria intima maschile, ma l’accoglienza era stata scettica e le rimanenze enormi; Coco capì che quel materiale così sobrio, di un banale color nocciola, che sembrava adatto forse ad abiti da lavoro, poteva diventare un nuovo modello di eleganza di assoluta semplicità; le sue donne potevano camminare diritte e agili in vestiti che non stringevano il corpo. L’abito le rendeva autonome: il resto era compito loro. Quello che offriva alle donne era contemporaneamente un modo di vestire e un modo di vivere e di pensare. Poiret aveva parlato di liberazione del corsetto ma lo aveva fatto da uomo. Chanel sapeva cosa comportava indossarlo e aveva sperimentato che cosa significa la libertà di movimento di un abito maschile. La nuova eleganza doveva venire dalla funzionalità e dall’adeguatezza alla situazione.

Nel 1916 la stampa iniziò ad accorgersi di lei e Harper’s Bazar pubblicò per prima un suo modello. Nel maggio dello stesso anno Les Elegances parisiennes, una delle poche riviste di moda che uscivano in Francia in quegli anni di guerra, pubblicò sei completi di Chanel, uno dei quali aveva un aspetto decisamente maschile. La gonna a pieghe, che ormai si era accorciata al polpaccio, era accoppiata a un blazer, con quattro tasche applicate chiuse con ribatta e bottone, che denunciava chiaramente di essere ispirato a una divisa militare, anche se era realizzato in jersey. Dal 1917 i suoi modelli cominciarono ad essere pubblicati con regolarità, al pari di quelli delle altre sartorie. Chanel si aggregò il meno possibile alle tendenze generali, preferendo proseguire la sua linea di semplicità e di rigore e limitando le variazioni del jersey ai sobri ricami e alle bordure di pelliccia o all’accostamento della tinta unita con le righe colorate e lo scozzese. Blazer, marinare e gonne morbide erano la sua specialità.
Anche Vogue pubblicava regolarmente i disegni delle sue creazioni, che si arricchirono di colori come il verde e il rosso per accontentare il gusto delle signore d’oltreoceano, senza però che questo significasse un allontanamento da quelle tinte sobrie, come il beige, che rappresentavano la sua idea sulla moda.

La fine della guerra fu contrassegnata da un arricchimento della sua produzione: ai modelli in jersey cominciarono ad aggiungersi abiti da sera più fantasiosi realizzati in tessuti usuali e femminili finalmente reperibili: il raso, il velluto, lo chiffon e il pizzo chantilly. Anche le decorazioni si adeguarono al ritmo di vita più euforico e festoso del dopoguerra: ai bordi di pelliccia si aggiunsero ricami in jais, reti trasparenti ..ecc. La fine del conflitto rappresentò per Chanel anche la fine di una fase della sua esistenza: Boy Chapel sposò la figlia di Lord Ribblesdale in una cornice adeguata e Coco fù sacrificata alle ragioni dello stato sociale; d’altra parte lei era un’irregolare, una che non si poteva sposare se non al prezzo dell’escusione dalla buona società. Ma la loro storia finì solo nel dicembre del 1919 quando lui morì in un incidente stradale. A questo punto per Coco Chanel cominciò una nuova vita. (fine prima parte)


Testo tratto da: Storia della moda XVIII-XX secolo, Enrica Morini, edizioni Skira




Harper's Bazaar è una rivista di moda americana creata nel 1867 da Fletcher Harper che si rivolge principalmente a un pubblico femminile. Inizialmente settimanale, nel 1901 divenne mensile. Era intitolata Harper's Bazar fino al 1929 quando è stata aggiunta la seconda "a". Nel corso dei decenni è divenuta la naturale antagonista di Vogue grazie ad una politica di ingaggi di grandi firme e artisti, fotografi

4 commenti:

  1. ciao. sto per comprare il libro Storia della Moda di Enrica Morini e vorrei chiederti se nel libro ci sono delle raffigurazioni fatte bene che seguono passo passo il testo.

    grazie
    ciao

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    1. ciao... mi perdo sempre i commenti...scusami !! lo leggo solo ora.. è un buon testo ma come immagini non è ricchissimo, però dà sicuramente un'idea !!

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  2. Ciao.
    Utilizzerò il tuo testo sulla storia di Coco Chanel nel mio blog.
    Spero non ti dispiaccia.

    MadeMode

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