venerdì 12 novembre 2010

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 09. GLI ANNI '30

Agli sfrenati anni ’20 seguì un decennio di tranquilla eleganza. I tempi erano incerti, il grande crollo della Borsa del 1929 causò fallimenti e disoccupazione di massa. Chi poté salvare il patrimonio non lo mise più in vista, almeno non più ostentatamente. Le feste non avvenivano più nei bar o nei club bensì in abitazioni private. Dall’abbigliamento fino all’arredo d’interni, tutto era di eccellente valore ma senza l’ostentazione che caratterizzò il decennio precedente: tutto si era ridimensionato. Mai venne dato più valore all’abbigliamento adeguato e conveniente. Mentre la flapper-girl degli anni ’20 ballava notte e giorno nei suoi abitini charleston, le signore degli anni ’30 si vestivano sostanzialmente in lungo. L’abito doveva essere di seta, perché solo la più costosa delle stoffe cadeva in diagonale in modo così inimitabilmente aerodinamico da esaltare il corpo senza doverlo scoprire. La geniale invenzione di Madeleine Vionnet di tagliare la stoffa nel senso della cucitura venne nel frattempo copiata da tutti. La finezza stava nel fatto che il taglio del tessuto conferiva grande elasticità molto tempo prima che fosse inventata la lycra. Seno, vita e fianchi vennero rivalutati dato che la stoffa vi aderiva, cadendo poi fino all’orlo in pieghe naturali. Le scollatture, soprattutto quelle sulla schiena, non avevano limiti. Hollywood mostrò le schiene nude e la cosa venne subito imitata ovunque. Il ballo rimase anche negli anni ’30 il divertimento principale. Era di moda lo swing e nacquero il foxtrott e la rumba mentre il tango rimaneva sempre molto richiesto. Fred Astaire e Ginger Rogers, i primi ballerini del mondo del cinema, dimostrarono in otto musical compresi tra il 1934 e il 1939, che una coppia deve solo sapersi muovere al ritmo giusto per essere felice. Ginger Rogers disegnò molti dei suoi costumi; aveva una predilezione per le piume di struzzo. Ma le esagerazioni di Hollywood non vennero riprese dai ballerini mondani. Gli abiti da sera erano di austera eleganza e rendevano il corpo magro e slanciato, molto femminile. Le grandi scollature sulla schiena erano spesso molto semplici ma valorizzate da un unico libero cordoncino di perle. Il capo più adatto a scaldare le spalle nude era naturalmente la pelliccia, in particolare la volpe argentata. Era considerato particolarmente elegante indossare due volpi intere, ma nulla aveva più fascino di una vera e propria pelliccia di volpe bianca. Chi non se la poteva permettere ripiegava su mantelle di velluto o stole di chiffon in colori luminosi. E chi non poteva permettersi neanche la seta? Coco Chanel aveva pensato anche a costoro: tenne conto della crisi economica integrando la sua collezione da sera con abiti di cotone. La donna seppe arrangiarsi bene durante gli anni della depressione: chi non poteva acquistare abiti nuovi, allungava facilmente i vecchi, dato che ormai neanche di giorno si portava più il corto. Le ricche signore indossavano la pelliccia anche di giorno: persiano, castoro e lontra erano confezionati in cappotti a tre-quarti e si accompagnavano all’obbligatorio abito princess. Era tutto aperto sul davanti e trattenuto in vita da una cintura fine. Ne risultava una silhouette snella che seguiva le linee del corpo; il tessuto scendeva morbidamente. Le maniche erano inserite, lunghe e aderenti e terminavano spesso con polsini aperti o arricciati. Talvolta le gonne ottenevano l’ampiezza desiderata inserendo dei godet sotto i fianchi. La libertà di movimento era importante perché adesso, perfino negli ambienti migliori, era consuetudine che le donne fossero impegnate fuori casa, sia pure solamente a scopi caricateveli. Erano parte integrante dell’abbigliamento femminile i guanti e naturalmente il cappello. Nella moda “ragionevole” degli anni ’30 le donne si permettevano copricapo molto fantasiosi. Vennero di moda i più diversi berretti, cuffie, pagliette, cappellini a campana o a piatto e ogni tipo di foggia fantasiosa. L’unico punto in comune era il modo di calzarli, leggermente obliqui sulla fronte. La creatrice di cappelli più significativa fu Elsa Schiaparelli che non aveva studiato né da modista né da stilista e tuttavia caratterizzò fortemente la moda degli anni ’30. I tallieur erano tagliati aderenti come vestiti, la vita vistosamente segnata e spesso enfatizzata da una cintura. I rever erano ampi e, almeno in estate, le scollature generose. Sotto i tailleur si indossavano camicette. Grandi fiocchi o foulard morbidamente annodati riempivano la parte alta mentre facevano apparire la vita ancor più sottile. Nel 1933 Hermès mise sul mercato il primo dei suoi famosi foulard di seta che ancora oggi sono ricercati come pezzi da collezione o per doni sofisticati. Ci si basò molto sul contrasto di colori, anche le scarpe, dal tacco alto e solido, erano bicolore. Le preferenze per vite sottili fece resuscitare l’industria dei busti, i quali però esercitavano ora una pressione delicatissima grazie ai materiali come il latex. Ma solo fin sotto al seno, dato che quest’ultimo tornò a essere spinto verso l’alto. Gli accessori erano indispensabili. Si usavano borsette appiattite a forma di busta, oppure piccoli sacchetti con rigide chiusure a schiocco. La bigiotteria era accettata ovunque grazie anche alla coraggiosa abitudine di Chanel di mescolare allegramente preziosi con imitazioni. Gli occhiali da sole diventarono l’accessorio d’ultimo grido. La moda era in questo periodo più votata alla perfezione che alla creazione, ma ciò non valeva assolutamente per Elsa Schiaparelli.




Una volpe bianca era considerata l'accessorio più fascinoso del decennio.



Con cappello, guanti e bustina piatta, ogni tailleur diventava un capo elegante.



Lunga e slanciata. La tipica silouette degli anni '30.
L'abito a tubino ha inserite nella gonna pieghe appiattite che permettono maggiore libertà di movimento e ammorbidiscono la linea dell'orlo. 
La pelliccia è utilizzata in versione stola.


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