domenica 1 marzo 2015

Storia della moda nel XX secolo.Lezione 02. PAUL POIRET

E’ all’inizio degli anni Dieci che si manifestano in modo più evidente i sintomi di una effettiva trasformazione e sarà il sarto parigino Poiret il protagonista di questo decennio.
La prima esperienza lavorativa del giovane Poiret fù presso la casa di moda di Doucet a partire dal 1898. Qui imparò il mestiere del couturier di lusso e l’arte del dettaglio; imparò che un abito può diventare perfetto attraverso quello che veniva definito il “tocco finale”, aggiunto anche all’ultimo momento, che serviva per completare il suo effetto sulla persona che doveva indossarlo.
Presto fù incaricato di dirigere la sezione di taglio e dimostrando uno spiccato senso per la teatralità, gli venne affidata la realizzazione di costumi di scena per alcune attrici clienti della Maison.
Nel 1900 Poiret partì per il servizio militare e al suo ritorno, l’anno seguente, trovò lavoro da Worth che gli affidò il compito di rinnovare l’immagine della Maison con creazioni più “giovani” e adatte alle signore del nuovo secolo; gli stessi proprietari però non avevano le idée chiare su quello che volevano diventare e di conseguenza il rapporto non si concretizzò e si concluse presto.
Nel 1903 Paul Poiret aprì la sua prima Maison, proprio dietro l’Operà: due piccoli saloni e una vetrina sulla strada.
La sua moda nacque sotto il segno della semplificazione e dell’innovazione delle linee, proponendo capi che seguivano le fogge in voga ma in versioni prive di decorazioni e fronzoli. Erano gli anni in cui il giapponesismo aveva invaso Parigi. Nel 1905 sposò Denise Boulet, figlia di un commerciante di tessuti, che diventò la sua musa ispiratrice.
La prima vera sfida di Poiret fù l’eliminazione del busto che costringeva il corpo femminile ad assumere la linea ad S, sostituendolo con una cintura rigida e steccata, alla quale era cucita la gonna: non utilizzò più il busto tradizionale che stringeva in vita ma creò una guaina più lunga che aderiva al corpo in modo uniforme, costringendo soprattutto il seno e il sedere. Questo rappresentò un notevole passo in avanti in vista di una naturalizzazione dell’apparire delle forme femminili e di conseguenza si ottenne l’eliminazione di quasi tutta la biancheria che fino ad allora si collocava sotto le gonne, eliminando il peso che le donne erano abituate a indossare.
Poiret lavorara intorno a linee nuove che davano l’idea di una donna assolutamente innovativa; il modello
era dritto, a vita alta, in cui la tradizione settecentesca fu abbinata a suggestioni che venivano da altre fonti, come quelle orientali ed etniche e certamente anche quelle dell’abito Reform e tutto veniva realizzato con materiali innovativi e colori nuovi presi dalle culture vestimentari extraeuropee unite ad un’attenta osservazione della pittura d’avanguardia e in particolare di quei pittori fauves come Matisse.
Realizzata la grande trasformazione negli abiti, Poiret si rese conto che doveva trovare un mezzo adatto per comunicarla. Non poteva ricorrere alla normale stampa di moda, con i suoi figurini in bianco e nero e con il suo stile uniforme, che non erano in grado di rendere giustizia ai suoi modelli e soprattutto ai colori. Decise quindi di agire da solo trovando un artista adatto alle sue necessità e pubblicando le immagini delle sue creazioni come voleva che fossero colte dal pubblico.
Nell’ottobre del 1908 uscì Les Robes de Paul Poiret racontées par Paul Iribe, un album contenente dieci tavole a colori, pubblicato in duecentocinquanta copie numerate, utilizzando un linguaggio grafico mai usato prima nel mondo della stampa di moda, con punti di contatto evidenti con la bidimensionalità delle stampe giapponesi; le figure femminili rappresentate erano una novità, alte, sottili, senza forme evidenti o artefatte, con i capelli corti semplicemente avvolti da un nastro colorato in armonia con l’abito.
Nel 1909 Poiret trasferì la sua Maison in un hotel particulier del XVIII secolo con un grande parco intorno.
L’interno venne ristrutturato e arredato in maniera da diventare l’adeguata cornice dei modelli che il couturier presentava alle sue clienti, accostando elementi Direttorio e orientali in una cornice colorata.
Fra il 1909 e il 1910, iniziò a Parigi la stagione dei Ballettes Russes che fece della capitale francese il centro delle ricerche nel campo della danza e della musica. Djagilev e i suoi artisti, venuti dalla Russia per mettere in scena le realizzazioni che l’avanguardia di quell paese stava elaborando in tutti i campi artistici, offrirono l’immagine di un mondo culturale completamente ignoto e di un fascino irresistibile.
Le storie narrate parlavano di luoghi esotici di favola, i costumi mirabolanti e le scenografie coloratissime aprivano squarci sulla cultura e l’immaginario di un folklore orientale mai visto, un insieme esplosivo che travolse Parigi e ne catalizzò l’attenzione.
Tutto questo influenzò molto il lavoro di Poiret, scomparvero dai suoi modelli i richiami al Direttorio e si fecero più forti quelli alle culture etniche, orientali e arabe.
Il punto di passaggio fù rappresentato dalla Jupe entravée, una gonna lunga e dritta che veniva serrata con una specie di cintura sotto le ginocchia, impedendo il passo e costringendo chi la indossava a procedere a piccolissimi movimenti.
Sembrò la negazione di tutto quello che il sarto aveva realizzato prima del 1910, liberando il corpo femminile da corsetti e biancheria pesante. Ma la donna che Poiret aveva in mente non era di certo una suffragetta o un’intellettuale indipendente ma una signora del bel mondo che non doveva avere alcun rapporto concreto con la vita reale, una femme fatale circondata di un alone di erotismo misterioso che la trasformava in oggetto di desiderio e di lusso. Egli la liberò nel corpo ma non nel ruolo.
Tutto questo diventò esplicito quando Poiret presentò la prima Jupe-culotte con il conseguente, immaginabile, scandalo. La realizzazione di pantaloni per le donne non poteva passare inosservata, ma la sua proposta non voleva essere rivoluzionaria, ma al contrario, lui creava una donna favolosa e romantica, che veniva dalle Mille e una notte; odalische e non femministe erano le donne che avrebbero indossato i pantaloni di seta, stretti alla caviglia, da lui realizzati.
L’impressione venne confermata dal secondo album pubblicitario che raccoglieva le immagini degli ultimi modelli; l’immagine di lusso che ne derivava non era tanto legata alle qualità dei materiali e o alla sartorialità ma allo stile di vita raffinato e colto cui alludeva, che non aveva più niente a che vedere con I vecchi modelli borghesi. Il nuovo album fù affidato a Lepape, un giovane disegnatore, e fù pubblicato il 15 febbraio 1911 con il titolo Les Choses de Paul Poiret vues par Georges Lepape.
La sperimentazione di mezzi pubblicitari innovativi non si fermò qui. Poiret organizzò una serata in costume dal titolo La festa della Milleduesima Notte nel suo giardino della Maison che ottenne tantissima attenzione da parte della stampa internazionale; quella tendenza alla teatralità che Doucet gli aveva riconosciuta fin dall’origine, era sfociata nella più folle e coerente messa in scena pubblicitaria che si potesse immaginare.
Nel 1910 intraprese un lungo viaggio pubblicitario attraverso l’Europa ed ebbe modo di conoscere direttamente realtà diverse da quella francese e movimenti artistici d’avanguardia da cui prendere insegnamenti per il futuro e trasse ispirazione per una serie di elementi decorative provenienti dal folklore di quei paesi che si ritroveranno nei modelli degli anni seguenti.
Nel 1911 ebbe un’altra idea di espansione della Maison: la produzione di profumi, presto assocciata ad un’intera gamma di prodotti che andavano dale creme alle ciprie, a tutto quello che le signore potevano cercare in una profumeria; era la prima volta che il nome di un couturier veniva associato a quello di una linea di prodotti di bellezza.
Ormai la fama di Poiret era costruita e i suoi modelli influenzavano la moda, le riviste di costume spiavano le sue uscite cercando di cogliere la più piccola novità e così nell’autunno del 1913 decise di compiere un viaggio pubblicitario in quello che era da sempre il vero mercato dell’Haute Couture parigina, gli Stati Uniti.
L’anno successivo scoppiò la Guerra. Nella primavera del 1917 tentò di aprire una succursale a New York dove commercializzare non soltanto gli abiti ma anche i profumi, i mobili e tutti I prodotti da lui realizzati, ma il progetto non decollò per le difficoltà del periodo di Guerra.
E poi la Guerra finì, ma contrariamente a quanto sperato, nulla fù più come prima. Poiret usciva dall’esperienza duramente provato dal punto di vista economico e decise di darsi tempo partendo per un viaggio in Marocco dove ritrovò lo stimolo creativo per ricominciare. Le sue nuove collezioni si fecero via via sempre più sapienti e lussuose, i materiali diventarono sempre più ricercati ed elaborati e le ispirazioni colte.
Nel 1922 intrapprese un altro viaggio negli Stati Uniti ma nello stesso anno era esplosa la moda à la garconne che sanciva il successo di Chanel e Patou e così si trovò a fare i conti con la fine del suo successo.
I suoi modelli erano ormai troppo complicati e vistosamente lussosi, egli aveva perfettamente compreso la cultura di riferimento del nuovo gusto che lo stava tagliando fuori dal mercato, ma questo era così lontano dalla sua maniera di pensare che si limitava a criticarlo. Quello che non voleva accettare era che l’America con il suo funzionalismo, la sua cultura moderna e il suo modo di vivere, era arrivata a Parigi e aveva invaso l’Europa. Le donne adesso volevano essere giovani, libere e indipendenti e per questo la moda doveva diventare facile, semplice e comoda e questo ripugnava a Poiret.


Testo tratto da: Storia della moda XVIII-XX secolo, Enrica Morini, edizioni Skira







NOTE

Doucet

Jacques (1853-1929). Stilista francese. È considerato, insieme a Worth, il padre della moda francese.
Erede d'una ditta di biancheria per uomo, fondata dal nonno (1816), ne muterà volto e finalità. Più che stilista si considererà sempre un dandy che amava ideare per un'altolocata clientela francese ed europea sulla sua stessa lunghezza d'onda, abiti in sintonia con gli arredi Art Nouveau. Fu tra i primi stilisti, a cavallo del XX secolo, a rifiutare il busto e il corpo innaturale che imponeva alla donna. Predilesse gli abiti da casa, déshabillé, in tulle e pizzi, in lino ricamato o dipinto a fiori, soprattutto ortensie. Divenne famoso per i colori madreperlacei degli abiti da pomeriggio, per i cappotti bordati di pelliccia e per le pellicce trattate come un morbido tessuto. Nel '28, la casa Doucet si fuse con quella Doeuillet.

Worth


Maison d'alta moda creata da Charles Frédérick Worth (1825-1895). Importante figura di creatore di moda del XIX secolo, inventore del concetto di haute couture, fu personalità capace di capovolgere il secolare meccanismo di diffusione delle mode, imponendo il proprio gusto di uomo borghese alle più illustri aristocrazie europee e riuscendo a imprimere ai suoi modelli valore e unicità attraverso la propria etichetta. Nato a Bourne, nel Lincolnshire, inizia a lavorare all'età di 12 anni come commesso a Londra in grandi empori specializzati nella commercializzazione di stoffe, tappezzerie, scialli e sete. Giovane e ambizioso, nel 1845 decide di trasferirsi a Parigi, capitale del gusto e della moda internazionali, intraprendendo la carriera di venditore nel celebre "magasin de nouveautés" Gagelin e dopo solo cinque anni riesce ad aprire un reparto sartoria divenendone il responsabile. Nel 1857-58 decide di lasciare Gagelin per avviare una propria attività, assieme a un socio di origine svedese, Otto Bobergh, al 7 di rue de la Paix, anonima strada parigina che grazie alla sua impresa diverrà la più celebre della capitale. Gli inizi difficili, con una gestione di venti operaie, sono presto coronati dal successo, ottenuto attraverso un abito per la principessa Pauline de Metternich, moglie dell'ambasciatore prussiano alla corte di Francia. Presentato da quest'ultima all'imperatrice Eugenia, nel 1859 diviene sarto ufficiale di corte, specializzandosi in toilette da sera e in abiti da ballo in tulle operato e merletto, e interpretando in maniera personale il gusto spagnolo della Montijo attraverso boleri, pizzi e mantiglie dalle tinte decise. Dopo aver portato la cage-crinoline alla sua massima espansione nel 1859-60, con esemplari arricchiti da centinaia di volant, dal 1865 inizia a ridurne progressivamente l'ampiezza, cogliendone in anticipo la saturazione. Al suo posto propone prima la demì-crinoline e poi la tournure (o pouff), definitivamente sancita nel 1867-68, che relegava drappeggi e imbottiture sulla parte posteriore dell'abito, appiattendo il davanti della gonna. Sarà lui dunque a stabilire un ritmo diverso nell'avvicendarsi delle mode, introducendo varianti di forme e novità, inventando anche nuove tipologie di vestiario come l'abito princesse, realizzato la prima volta per l'imperatrice Eugenia e per Alessandra del Galles. Questa foggia si presentava come una veste sciolta e comoda, cucita senza tagli in vita, diversa dai consueti abiti femminili del tempo, composti da gonna e corsetto staccati. Così Worth introdurrà il concetto di novità nei guardaroba quasi immutabili del tempo. Utilizzando stoffe sontuose e lavorazioni esclusive, contribuì dopo il 1871 a rilanciare le seterie di Lione, spingendo i produttori tessili a elaborare disegni e tipologie sempre diverse e di grande attualità. Sciolta la società con Bobergh, causa anche la forzata chiusura dovuta al conflitto franco-prussiano, nel 1874 i due figli Jean Philippe e Gaston entrano nell'impresa familiare affiancando il padre nella parte creativa il primo, e nell'amministrazione il secondo, permettendo così il consolidamento e l'espansione della sartoria. Fornitrice delle corti di Francia, Austria, Svezia, Italia, Spagna e Russia, dopo l'avvento della Repubblica la casa di mode si orienterà verso la nuova borghesia industriale, verso il mondo della politica e dello spettacolo, aprendosi all'atmosfera mondana della Belle Époque. Detentore indiscusso del gusto e dell'eleganza della seconda metà dell'800, Worth sarà il primo a introdurre concezioni commerciali e sartoriali innovative: a lui il merito di aver diviso la moda in stagioni e di aver pensato di fornire cartamodelli delle sue creazioni sul mercato internazionale, preferendo diffondere personalmente le proprie idee, piuttosto che cedere alle imitazioni. Muore a Parigi nel 1895 lasciando in eredità ai figli il proprio impero. Dopo un primo periodo di successi, questi faticheranno a portarlo avanti perché la concorrenza si era nel frattempo irrobustita. La maison procede con alterne vicende per tutta la prima metà del '900. Nel 1950, viene assorbita da Paquin.

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