Christian
Dior nacque nel 905 in una famiglia borgese: il padre si
occupava della fabbrica di concimi di famiglia mentre la madre era
figlia di un avvocato. Da bambino visse a Granville, in Normandia, e
nel 1911 si trasferirono a Parigi dove Christian iniziò la
scuola. Agli inizi degli anni Venti, Dior era il tipico
studente di buona famiglia affascinato da una Parigi prodica di
novità. Insieme ad un gruppo di giovani amici passava le serate nei
bar frequentati da tutti i personaggi che costruirono l’avanguardia
di quegli anni, oppure andava nelle gallerie d’arte dove esponevano
gli artisti più innovativi. C’erano poi i balletti, il
teatro, il circo, la musica e il cinema. Dior avrebbe voluto
frequentare l’Accademia di Belle Arti, ma l’adorata madre aveva
nei confronti del mondo dell’arte una profonda diffidenza piccolo
borghese, riteneva l’artista non un lavoro ma una scappatoia e così
avviò il figlio alla carriera diplomatica iscrivendolo alla facoltà
di Scenze Politiche. Accettando le imposizioni della madre ottenne
però il permesso di poter approfondire gli studi di musica e in
questo modo nacque l’amicizia con il musicista d’avanguardia
Henri Sauguet e conobbe così i compagni che sarebbero stati al suo
fianco sempre, gli stessi che l’avrebbero accompagnato lungo tutta
la sua carriera, con i quali condivise anche molte imprese.
Fu
così che fra il 1928 e il 1929 Christian diventò socio di Jean
Bonjean nell’apertura di una galleria d’arte. Purtroppo la
fortuna non durò molto. Nel 1930 suo fratello minore dovette essere
internato in un ospedale psichiatrico e la madre non riuscì a
superare il dolore e morì. La crisi poi travolse gli affari del
padre e il fallimento fu inevitabile. Furono anni di miseria, di
soffitte e per fortuna di solidarietà da parte degli amici. Nel 1934
si aggiunse la tubercolosi e Christian dovette partire per andare a
curarsi al sole del Mediterraneo. Al suo rientro a Parigi la
situazione famigliare era molto grave ed era necessario
che anche lui si mettesse a lavorare seriamente per dare una mano al
padre ed alla sorella. L’unico settore che ancora resisteva alla
crisi era proprio quello della moda e fu lì che si indirizzò. Per
un caso fortunato riuscì a vendere uno dei quadri rimasti dalla
chiusura della galleria e con il guadagno sistemò i problemi più
gravi della sua famiglia e si concesse un periodo di studio, durante
il quale imparò a disegnare I figurini. Il suo maestro fu Jean
Ozenne, un modellista di successo che lavorava per molte maison de
Couture. Ben presto riuscì a vendere i suoi primi disegni, prima
alle modisterie poi alle maison, anche le più famose, fino a che
Paul Caldagues gli offrì di collaborare regolarmente alla pagina di
moda di “Le Figaro”. Nelle sue memorie Dior scrisse: “ A
trent’anni stavo per iniziare la mia vera esistenza.”
Su
suggerimento di Robert Piguet, che aveva molto apprezzato il suo
lavoro, provò a proporre idee originali ed a inventare un suo stile
che ben presto iniziò ad incontrare un certo successo e nel 1938 lo
stesso Piguet gli propose di entrare nel suo Atelier come modellista
e mise in collezione un suo abito. Fu così che venne ufficialmente
accolto dal mondo della moda.
Nel
Settembre del 1939 scoppiò però la guerra e Dior fu mobilitato
nella riserva e occupato a sostituire nel Berry gli agricoltori
impegnati al fronte. Al momento dell’armistizio, nel giugno del
1940, la Francia risultò divisa in due ed egli si trovò nella zona
non occupata dai tedeschi. Decise di ritirarsi in campagna a casa
della sorella. La moda riuscì a riorganizzarsi presto e lui fu
contattato da Alice Chavanne, che da Cannes curava le Pages feminines
du Figaro, e gli propose di continuare ad illustrare i
suoi articoli come faceva prima del conflitto. Molte case di moda
avevavo trasferito le loro attvità sulla Costa Azzurra, lo stesso
cinema francese utilizzava gli studi di Nizza, e questo significava
per Dior, andando periodicamente a Cannes per lavoro, la possibilità
di ritrovare i suoi amici e la vita di un tempo. Per la moda
ricominciare a lavorare non fu certo facile,mancavano le materie
prime, tutto era razionato e in particolare i tessuti. Le produzioni
ripresero ma in quantità molto ridotta rispetto a prima. Un altro
grosso problema era la proibizione di fotografare i modelli e di
conseguenza la loro pubblicizazione, questo perchè le riviste
uscivano con difficoltà in quanto erano impossibilitate a reperire
la carta necessaria.
Nel
giugno 1941 Dior fu invitato da Piguet a riprendere il suo posto di
lavoro, ma le notizie che arrivavano dalla capitale parlavano di
difficoltà di ogni genere e lo preoccupavano. Quando in autunno,
dopo molte esitazioni, decise di accettare l’offerta, il
suo posto era già stato preso da Antonio del Castillo. La moda però
stava riprendendo il suo ritmo e gli venne subito proposto un altro
impiego, un ruolo di modista nella maison di Lucien Lelong, a fianco
di Pierre Balmain. La clientela non mancava ma era totalmente
cambiata rispetto al passato. Scomparse le straniere, solo
parzialmente sostituite dale tedesche, erano rimaste solo le
francesi, la maggior parte delle quail mogli di commercianti del
mercato nero che stavano costruendo enormi e scandalose fortune.
Certo il vero problema continuava ad essere la mancanza di materiali,
che portò alla sperimentazione di nuovi tessuti, spesso con
risultati disastrosi, e alla riduzione dei consumi: le gonne si
accorciarono, gli abiti diventarono più piccoli, revers e
decorazioni sscomparvero. L’unico elemento che sembrava lanciare
una sfida alla miseria e alla infelicità era il cappello, che
divenne gonfio e fantasioso. Mentre i nazisti cercavano di
mettere in ginocchio la moda parigina con il razionamento dei
materiali, il governo chiedeva alle donne di fare ritorno alle solide
radici della famiglia, madri e guardiane del focolare, non potevano
distrarsi dai loro sacri doveri con la frivolezza della moda. Oltre a
questa triste vita reale, esisteva però anche il cinema e Dior
iniziò ad occuparsi dei costumi di scena per film in costume, e si
specializzò in modelli romantici e Belle Epoque. Nel 1944 la guerra
non era ancora finita e continuavano ancora a mancare cibo,
conbustibile e tutto quello che serviva ad una vita normale.
Quell’inverno fu anche particolarmente freddo. Nel marzo 1945 De
Gaulle tracciò un quadro della situazione francese a sei mesi dalla
liberazione e disse che la disoccupazione completa riguardava circa
400.000 lavoratori e la parziale più di 1 milione. Fra tutti questi
disoccupati c’erano anche quelli della moda.
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