martedì 19 giugno 2012

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 19. CHRISTIAN DIOR prima parte


Christian Dior nacque  nel 905 in una famiglia borgese: il padre si occupava della fabbrica di concimi di famiglia mentre la madre era figlia di un avvocato. Da bambino visse a Granville, in Normandia, e nel 1911 si trasferirono a Parigi dove Christian iniziò la scuola.  Agli inizi degli anni Venti, Dior era il tipico studente di buona famiglia affascinato da una Parigi prodica di novità. Insieme ad un gruppo di giovani amici passava le serate nei bar frequentati da tutti i personaggi che costruirono l’avanguardia di quegli anni, oppure andava nelle gallerie d’arte dove esponevano gli artisti più innovativi. C’erano  poi i balletti, il teatro, il circo, la musica e il cinema. Dior avrebbe voluto frequentare l’Accademia di Belle Arti, ma l’adorata madre aveva nei confronti del mondo dell’arte una profonda diffidenza piccolo borghese, riteneva l’artista non un lavoro ma una scappatoia e così avviò il figlio alla carriera diplomatica iscrivendolo alla facoltà di Scenze Politiche. Accettando le imposizioni della madre ottenne però il permesso di poter approfondire gli studi di musica e in questo modo nacque l’amicizia con il musicista d’avanguardia Henri Sauguet e conobbe così i compagni che sarebbero stati al suo fianco sempre, gli stessi che l’avrebbero accompagnato lungo tutta la sua carriera, con i quali condivise anche molte imprese.
Fu così che fra il 1928 e il 1929 Christian diventò socio di Jean Bonjean nell’apertura di una galleria d’arte. Purtroppo la fortuna non durò molto. Nel 1930 suo fratello minore dovette essere internato in un ospedale psichiatrico e la madre non riuscì a superare il dolore e morì. La crisi poi travolse gli affari del padre e il fallimento fu inevitabile. Furono anni di miseria, di soffitte e per fortuna di solidarietà da parte degli amici. Nel 1934 si aggiunse la tubercolosi e Christian dovette partire per andare a curarsi al sole del Mediterraneo. Al suo rientro a Parigi la situazione famigliare era molto grave  ed era necessario che anche lui si mettesse a lavorare seriamente per dare una mano al padre ed alla sorella. L’unico settore che ancora resisteva alla crisi era proprio quello della moda e fu lì che si indirizzò. Per un caso fortunato riuscì a vendere uno dei quadri rimasti dalla chiusura della galleria e con il guadagno sistemò i problemi più gravi della sua famiglia e si concesse un periodo di studio, durante il quale imparò a disegnare I figurini. Il suo maestro fu Jean Ozenne, un modellista di successo che lavorava per molte maison de Couture. Ben presto riuscì a vendere i suoi primi disegni, prima alle modisterie poi alle maison, anche le più famose, fino a che Paul Caldagues gli offrì di collaborare regolarmente alla pagina di moda di “Le Figaro”. Nelle sue memorie Dior scrisse: “ A trent’anni stavo per iniziare la mia vera esistenza.”
Su suggerimento di Robert Piguet, che aveva molto apprezzato il suo lavoro, provò a proporre idee originali ed a inventare un suo stile che ben presto iniziò ad incontrare un certo successo e nel 1938 lo stesso Piguet gli propose di entrare nel suo Atelier come modellista e mise in collezione un suo abito. Fu così che venne ufficialmente accolto dal mondo della moda.

Nel Settembre del 1939 scoppiò però la guerra e Dior fu mobilitato nella riserva e occupato a sostituire nel Berry gli agricoltori impegnati al fronte. Al momento dell’armistizio, nel giugno del 1940, la Francia risultò divisa in due ed egli si trovò nella zona non occupata dai tedeschi. Decise di ritirarsi in campagna a casa della sorella. La moda riuscì a riorganizzarsi presto e lui fu contattato da Alice Chavanne, che da Cannes curava le Pages feminines du Figaro,  e gli propose di continuare ad illustrare i suoi articoli come faceva prima del conflitto. Molte case di moda avevavo trasferito le loro attvità sulla Costa Azzurra, lo stesso cinema francese utilizzava gli studi di Nizza, e questo significava per Dior, andando periodicamente a Cannes per lavoro, la possibilità di ritrovare i suoi amici e la vita di un tempo. Per la moda ricominciare a lavorare non fu certo facile,mancavano le materie prime, tutto era razionato e in particolare i tessuti. Le produzioni ripresero ma in quantità molto ridotta rispetto a prima. Un altro grosso problema era la proibizione di fotografare i modelli e di conseguenza la loro pubblicizazione, questo perchè le riviste uscivano con difficoltà in quanto erano impossibilitate a reperire la carta necessaria.

Nel giugno 1941 Dior fu invitato da Piguet a riprendere il suo posto di lavoro, ma le notizie che arrivavano dalla capitale parlavano di difficoltà di ogni genere e lo preoccupavano. Quando in autunno, dopo molte esitazioni, decise di accettare l’offerta,  il suo posto era già stato preso da Antonio del Castillo. La moda però stava riprendendo il suo ritmo e gli venne subito proposto un altro impiego, un ruolo di modista nella maison di Lucien Lelong, a fianco di Pierre Balmain. La clientela non mancava ma era totalmente cambiata rispetto al passato. Scomparse le straniere, solo parzialmente sostituite dale tedesche, erano rimaste solo le francesi, la maggior parte delle quail mogli di commercianti del mercato nero che stavano costruendo enormi e scandalose fortune. Certo il vero problema continuava ad essere la mancanza di materiali, che portò alla sperimentazione di nuovi tessuti, spesso con risultati disastrosi, e alla riduzione dei consumi: le gonne si accorciarono, gli abiti diventarono più piccoli, revers e decorazioni sscomparvero. L’unico elemento che sembrava lanciare una sfida alla miseria e alla infelicità era il cappello, che divenne gonfio e fantasioso. Mentre  i nazisti cercavano di mettere in ginocchio la moda parigina con il razionamento dei materiali, il governo chiedeva alle donne di fare ritorno alle solide radici della famiglia, madri e guardiane del focolare, non potevano distrarsi dai loro sacri doveri con la frivolezza della moda. Oltre a questa triste vita reale, esisteva però anche il cinema e Dior iniziò ad occuparsi dei costumi di scena per film in costume, e si specializzò in modelli romantici e Belle Epoque. Nel 1944 la guerra non era ancora finita e continuavano ancora a mancare cibo, conbustibile e tutto quello che serviva ad una vita normale. Quell’inverno fu anche particolarmente freddo. Nel marzo 1945 De Gaulle tracciò un quadro della situazione francese a sei mesi dalla liberazione e disse che la disoccupazione completa riguardava circa 400.000 lavoratori e la parziale più di 1 milione. Fra tutti questi disoccupati c’erano anche quelli della moda.

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