Arrivò
così il 12 Febbraio 1947, l’ultimo giorno delle sfilate parigine
della primavera, e con lui il debutto della Maison Dior.
Il
“bel mondo” c’era tutto e c’erano anche le giornaliste che
contavano. Mancavano solo molti compratori americani che non avevano
aspettato l’ultimo giorno delle sfilate ma si erano già imbarcati
sul piroscafo per gli Stati Uniti.
La
prima uscita fu il modello Acacia, con il busto
aderente, la vita stretta, i fianchi segnati e la gonna lunga fino a
metà polpaccio, seguito da una serie di capi con la stessa linea
chiamata a “8”, sagomata, seno sottolineato, vita stretta e
fianchi accentuati. Poi comparvero i modelli con le gonne
larghissime, la silhouette Corolle; danzante, molto
sostenuta dalla sottoveste, busto modellato, vita sottile, era la
vera novità della collezione.
Modello linea Corolle
In
entrambi i casi comparivano le gonne nettamente allungate, le vite
marcate, le baschine delle giacche spesso accorciate così da
slanciare la silhouette, una moda dalle linee tipicamente femminili.
Dior
si era ispirato al secondo Ottocento, reso ancor più aggraziato
attraverso un richiamo di gusto al Settecento. L’idea era quella di
modellare il corpo della donna enfatizzandone le curve, ricorrendo
all’uso di un accessorio ormai da tempo dimenticato, il corsetto.
Era proprio attorno a questo indumento che si costruiva il nuovo
modello sartoriale. Al busto piccolo e arrotondato faceva contrasto
una gonna ampia e lunga, spesso a pieghe sagomate, che si appoggiava
sopra una sottogonna rigida. Dior offriva una nuova immagine
femminile, recuperando il senso più tradizionale del termine, ma
anche un’immagine di lusso, costruita attraverso la qualità dei
materiali utilizzati, e di scomodità, di difficoltà di movimento,
di abito fatto per apparire più che per agire.
L’intento
di Dior era certamente quello di cancellare la guerra, ripartire da
capo proponendo l’esatto contrario di quello che si era dovuto
indossare per necessità.
Le
spettatrici furono letteralmente rapite dalla novità. I buyer non
poterono fare altro che riprendere la nave da cui erano appena scesi,
per tornare a Parigi e acquistare i modelli Dior per i magazzini
statunitensi. Anche le dive di Hollywood fornirono un
aiuto eccezionale per enfatizzare l’evento. Rita Hayworth indossò
il modello Soirée al gala dedicato a Gilda.
Modello Bar
Completo
composto da giacca shantung crema con baschina e collo revers e ampia
gonna di tessuto di lana nero a piccole pieghe. Divenne il simbolo
della collezione e del nuovo stile: fotografato e disegnato da tutti,
pubblicato su tutte le riviste, richiesto da tutte le clienti, ancora
oggi è uno degli indumenti più documentati della storia della moda
e più presenti nelle collezioni dei musei.
La
seconda collezione per l’autunno-inverno, presentata il 6 Agosto
1947, confermò la linea New Look accentuandone le caratteristiche.
La
silhouette Corolle si sagoma e si svasa a tulipano. La sua
espressione più spinta è l’abito Diorama.
I
bustini piatti e molto accollati aderiscono al seno ed esplodono in
plissé, in rigonfiamenti che amplificano il petto. Ma il dato più
rilevante erano la lunghezza e l’ampiezza delle gonne ottenute con
incredibili metraggi di tessuto: il modello Diorama aveva una
circonferenza all’orlo di quaranta metri. Un lusso scandaloso in un
momento in cui molte cose, fra le quali i tessili, continuavano ad
essere razionate, in cui l’industria non aveva ancora ripreso a
produrre, in cui i disastri della guerra erano sotto gli occhi di
tutti. Questo era però un problema che riguardava l’Europa. Gli
Stati Uniti stavano vivendo un processo di modernizzazione. Il
benessere riconquistato dopo la Grande Depressione si era esteso alla
media e piccola borghesia creando un nuovo tipo di consumatore, che
poteva comprare ma non aveva il gusto per scegliere, che aveva
bisogno di essere guidato. E mentre l’Europa si americanizzava per
effetto degli aiuti alleati e dei mezzi di comunicazione più
moderni, l’America guardava all’Europa per apprendere la sua
cultura, per rubare il suo passato. La capitale francese tornava ad
essere un punto di riferimento per gli intellettuali e gli artisti
d’oltreoceano. Dior intuì che per l’immaginario collettivo la
moda era francese e che solo puntando sulla “francesità” la
Couture poteva ritrovare l’antico primato. Il revival che egli
propose s’ispirava ai momenti della maggiore felicità inventiva e
della massima centralità del gusto parigino, il Secondo Impero e la
Bellé Epoque, con un sottile richiamo al Settecento. Era quindi
un’operazione culturale quella che veniva promossa: rimettere al
centro dell’attenzione internazionale uno stile, una capacità di
scelta estetica, un’eleganza di cui la Couture francese si sentiva
depositaria.
E
se nel Settecento questa eleganza aveva avuto il marchio
dell’aristocrazia e nell’Ottocento quello della grande borghesia,
ora dichiarava la sua disponibilità a mettersi al servizio della
media borghesia, principalmente americana.
L’America
voleva una moda che comunicasse i suoi valori piccolo borghesi, la
sua ricchezza, il suo senso della famiglia e della comunità, la sua
diffidenza nei confronti di tutto quello che poteva avere un aspetto
rivoluzionario o almeno, perturbante. E Dior le offrì l’immagine
di una donna fragile, raffinata, priva di fremiti femministi. Una
donna che prendeva sul serio la moda, capace di apprezzare la
bellezza, che imparava a scegliere e ad avere gusto e non si occupava
di cose che non la riguardavano, come la bomba, i problemi dei
giovani, la politica. Una donna irreale che assomigliava al ricordo
che Dior aveva di sua madre, una signora borghese perbene,
ossessionata dalle formalità e dalle apparenze, che corrispondeva ai
desideri dell’immaginario maschile. Dior scelse di rappresentare
tutto questo, in maniera semplice e diretta. Elimitò dai suoi
modelli ogni idea di avanguardia che aveva contraddistinto lo stile
degli anni Trenta. Da questo momento l’Alta Moda decise di vivere
in una sfera separata e autoreferenziale.
Gonna, cintura, cappello, scarpe, pennacchio e spilloni
erano gli elementi imprescindibili della nuova moda e illustravano il Point de vue di Vogue francese di ottobre-novembre 1947, in una foto "natura morta" di Clifford Coffin.
"
Il canone attuale della bellezza ci precisa la circonferenza esatta:
cinquanta centimetri. Una cintura di cuoio sagomata la sottolinea
molto strettamente. La gonna si chiude sotto di lei: non più la
gonna corta, indiscreta, ma arrotondata, gonfiata, che sfiora le
caviglie, imponendo tutta un'arte del gesto affinché nessuno ignori
che questa caviglia è perfetta. "
Concludo
questa terza parte sulla vita e il lavoro di Christian Dior,
ricordandovi che il racconto è tratto dal libro, molto bello e che
vi consiglio, Storia della moda XVIII-XX secolo, autrice
Enrica Morini, edito da Skira. Da qui ho tratto anche i testi su
Poiret, Chanel e Elsa Schiaparelli.
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