Richard Avedon
Ci
avviciniamo alla fine degli anni ’40 e la Couture parigina sceglie
di non seguire più le esigenze della realtà di tutti i giorni. Gli
abiti di Dior, soprattutto quelli più scenografici, servivano solo
alla vita del ‘bel mondo’ che aveva ripreso le sue attività a
pieno ritmo e tornava a chiedere un guardaroba adatto a tutte le
occasioni della giornata. “ La donna elegante non andava a teatro o
a concerto con lo stesso tailleur che portava al vernissage e ancora
meno con il cappello che portava a colazione”. Questo mondo
che era fatto di sovrani in esilio o in carica, divi hollywoodiani,
playboy ed ereditiere, armatori, finanzieri e vecchia aristocrazia,
cui si aggiungeva un pizzico di intellettuali alla moda, era
l’oggetto privilegiato dell’attenzione delle riviste di costume,
attraverso cui tutti seguivano feste, vacanze, matrimoni, amori,
dolori della giovane principessa, piuttosto che della diva, piuttosto
che dell’imperatrice infelice. Dior vestì questo mondo. D’altra
parte le caratteristiche costruttive dei suoi capi erano pensate per
comunicare proprio l’idea di uno stile di vita lussuoso ed
elitario. Erano difficili da indossare, quindi richiedevano la
presenza costante di una cameriera che aiutasse la signora ad
infilarli e a sfilarli, erano pesanti e ingombranti. “ E’ l’abito
più stupefacente che io abbia mai visto, non posso né camminare, né
mangiare, né sedermi”. Il bel mondo era desideroso innanzitutto di
apparire, non aveva bisogno di agire. Nasceva un nuovo bisogno di
ostentare il lusso, era una vita da favola o come dentro un film, che
richiedeva costumi adeguati; Dior realizzò i costumi per nove film,
sia scegliendo fra gli abiti delle sue collezioni, sia realizzando
modelli creati specificamente.
Nel
1947 Dior si recò negli Stati Uniti a ritirare un premio e per
promuovere il New Look. Quando dopo due mesi ripartì, tutti avevano
sentito parlare di lui e nel giro di poco tempo tutti i più famosi
grandi magazzini del paese esposero nelle loro vetrine i suoi abiti e
nel frattempo i magazzini della Seventh Avenue cominciarono a vendere
gli stessi modelli a pochi dollari: erano fabbricati in rayon e non
in seta, erano meno ampi e avevano rifiniture semplificate, ma erano
indubbiamente New Look.
Era
evidente che l’America rappresentava per la moda un mercato
straordinario, molto diverso e molto più ampio di quello europeo, ed
anche assai più ricco. Il pubblico statunitense era apparentemente
meno esigente, più attratto dalla possibilità di cambiare che da
quella di avere un vestito perfetto. Alla fine degli anni ’40 e
ancor più nel decennio successivo, l’America godette degli effetti
del boom economico che estese il benessere a strati sociali molto
allargati: in questo clima anche l’acquisto di moda attrasse nuove
fasce di pubblico, che rappresentavano precise esigenze. Rimanevano
sia l’élite della Haute Couture, sia la massa che cercava un
prodotto a basso prezzo, ma in mezzo ai due poli si configurava, in
modo sempre più evidente, uno strato sociale con esigenze nuove che
non voleva rinunciare all’abito confezionato, ma chiedeva qualcosa
di più raffinato, ben fatto ed esclusivo. La possibilità che venne
offerta al gruppo Dior fu cercare una terza ipotesi, qualcosa che
avesse il marchio del couturier ma senza avere i costi e i rituali
dell’ Alta Moda, e la risposta fu il pret-à-porter di lusso. Alla
ffine del 1947, quando Dior tornò in Francia, il gruppo cominciò a
lavorare intorno all’idea di aprire a New York una casa di
confezioni di grande classe. La sede fu collocata al 730 Fifth
Avenue, all’angolo con la 57esima. La prima collezione, interamente
realizzata negli Stati Uniti dallo staff Dior in trasferta, sfilò
l’8 novembre 1948.
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