E’
all’inizio degli anni Dieci che si manifestano in modo più
evidente i sintomi di una effettiva trasformazione e sarà il sarto
parigino Poiret il protagonista di questo decennio.
La
prima esperienza lavorativa del giovane Poiret fù presso la casa di
moda di Doucet a partire dal 1898. Qui imparò il mestiere del
couturier di lusso e l’arte del dettaglio; imparò che un abito può
diventare perfetto attraverso quello che veniva definito il “tocco
finale”, aggiunto anche all’ultimo momento, che serviva per
completare il suo effetto sulla persona che doveva indossarlo.
Presto
fù incaricato di dirigere la sezione di taglio e dimostrando uno
spiccato senso per la teatralità, gli venne affidata la
realizzazione di costumi di scena per alcune attrici clienti della
Maison.
Nel
1900 Poiret partì per il servizio militare e al suo ritorno, l’anno
seguente, trovò lavoro da Worth che gli affidò il compito di
rinnovare l’immagine della Maison con creazioni più “giovani”
e adatte alle signore del nuovo secolo; gli stessi proprietari però
non avevano le idée chiare su quello che volevano diventare e di
conseguenza il rapporto non si concretizzò e si concluse presto.
Nel
1903 Paul Poiret aprì la sua prima Maison, proprio dietro l’Operà:
due piccoli saloni e una vetrina sulla strada.
La
sua moda nacque sotto il segno della semplificazione e
dell’innovazione delle linee, proponendo capi che seguivano le
fogge in voga ma in versioni prive di decorazioni e fronzoli. Erano
gli anni in cui il giapponesismo aveva invaso Parigi. Nel 1905 sposò
Denise Boulet, figlia di un commerciante di tessuti, che diventò la
sua musa ispiratrice.
La
prima vera sfida di Poiret fù l’eliminazione del busto che
costringeva il corpo femminile ad assumere la linea ad S,
sostituendolo con una cintura rigida e steccata, alla quale era
cucita la gonna: non utilizzò più il busto tradizionale che
stringeva in vita ma creò una guaina più lunga che aderiva al corpo
in modo uniforme, costringendo soprattutto il seno e il sedere.
Questo rappresentò un notevole passo in avanti in vista di una
naturalizzazione dell’apparire delle forme femminili e di
conseguenza si ottenne l’eliminazione di quasi tutta la biancheria
che fino ad allora si collocava sotto le gonne, eliminando il peso
che le donne erano abituate a indossare.
Poiret
lavorara intorno a linee nuove che davano l’idea di una donna
assolutamente innovativa; il modello
era
dritto, a vita alta, in cui la tradizione settecentesca fu abbinata a
suggestioni che venivano da altre fonti, come quelle orientali ed
etniche e certamente anche quelle dell’abito Reform e tutto veniva
realizzato con materiali innovativi e colori nuovi presi dalle
culture vestimentari extraeuropee unite ad un’attenta osservazione
della pittura d’avanguardia e in particolare di quei pittori fauves
come Matisse.
Realizzata
la grande trasformazione negli abiti, Poiret si rese conto che doveva
trovare un mezzo adatto per comunicarla. Non poteva ricorrere alla
normale stampa di moda, con i suoi figurini in bianco e nero e con il
suo stile uniforme, che non erano in grado di rendere giustizia ai
suoi modelli e soprattutto ai colori. Decise quindi di agire da solo
trovando un artista adatto alle sue necessità e pubblicando le
immagini delle sue creazioni come voleva che fossero colte dal
pubblico.
Nell’ottobre
del 1908 uscì Les Robes de Paul Poiret racontées par Paul Iribe, un
album contenente dieci tavole a colori, pubblicato in
duecentocinquanta copie numerate, utilizzando un linguaggio grafico
mai usato prima nel mondo della stampa di moda, con punti di contatto
evidenti con la bidimensionalità delle stampe giapponesi; le figure
femminili rappresentate erano una novità, alte, sottili, senza forme
evidenti o artefatte, con i capelli corti semplicemente avvolti da un
nastro colorato in armonia con l’abito.
Nel
1909 Poiret trasferì la sua Maison in un hotel particulier del XVIII
secolo con un grande parco intorno.
L’interno
venne ristrutturato e arredato in maniera da diventare l’adeguata
cornice dei modelli che il couturier presentava alle sue clienti,
accostando elementi Direttorio e orientali in una cornice colorata.
Fra
il 1909 e il 1910, iniziò a Parigi la stagione dei Ballettes Russes
che fece della capitale francese il centro delle ricerche nel campo
della danza e della musica. Djagilev e i suoi artisti, venuti dalla
Russia per mettere in scena le realizzazioni che l’avanguardia di
quell paese stava elaborando in tutti i campi artistici, offrirono
l’immagine di un mondo culturale completamente ignoto e di un
fascino irresistibile.
Le
storie narrate parlavano di luoghi esotici di favola, i costumi
mirabolanti e le scenografie coloratissime aprivano squarci sulla
cultura e l’immaginario di un folklore orientale mai visto, un
insieme esplosivo che travolse Parigi e ne catalizzò l’attenzione.
Tutto
questo influenzò molto il lavoro di Poiret, scomparvero dai suoi
modelli i richiami al Direttorio e si fecero più forti quelli alle
culture etniche, orientali e arabe.
Il
punto di passaggio fù rappresentato dalla Jupe entravée, una gonna
lunga e dritta che veniva serrata con una specie di cintura sotto le
ginocchia, impedendo il passo e costringendo chi la indossava a
procedere a piccolissimi movimenti.
Sembrò
la negazione di tutto quello che il sarto aveva realizzato prima del
1910, liberando il corpo femminile da corsetti e biancheria pesante.
Ma la donna che Poiret aveva in mente non era di certo una
suffragetta o un’intellettuale indipendente ma una signora del bel
mondo che non doveva avere alcun rapporto concreto con la vita reale,
una femme fatale circondata di un alone di erotismo misterioso che la
trasformava in oggetto di desiderio e di lusso. Egli la liberò nel
corpo ma non nel ruolo.
Tutto
questo diventò esplicito quando Poiret presentò la prima
Jupe-culotte con il conseguente, immaginabile, scandalo. La
realizzazione di pantaloni per le donne non poteva passare
inosservata, ma la sua proposta non voleva essere rivoluzionaria, ma
al contrario, lui creava una donna favolosa e romantica, che veniva
dalle Mille e una notte; odalische e non femministe erano le donne
che avrebbero indossato i pantaloni di seta, stretti alla caviglia,
da lui realizzati.
L’impressione
venne confermata dal secondo album pubblicitario che raccoglieva le
immagini degli ultimi modelli; l’immagine di lusso che ne derivava
non era tanto legata alle qualità dei materiali e o alla
sartorialità ma allo stile di vita raffinato e colto cui alludeva,
che non aveva più niente a che vedere con I vecchi modelli borghesi.
Il nuovo album fù affidato a Lepape, un giovane disegnatore, e fù
pubblicato il 15 febbraio 1911 con il titolo Les Choses de Paul
Poiret vues par Georges Lepape.
La
sperimentazione di mezzi pubblicitari innovativi non si fermò qui.
Poiret organizzò una serata in costume dal titolo La festa della
Milleduesima Notte nel suo giardino della Maison che ottenne
tantissima attenzione da parte della stampa internazionale; quella
tendenza alla teatralità che Doucet gli aveva riconosciuta fin
dall’origine, era sfociata nella più folle e coerente messa in
scena pubblicitaria che si potesse immaginare.
Nel
1910 intraprese un lungo viaggio pubblicitario attraverso l’Europa
ed ebbe modo di conoscere direttamente realtà diverse da quella
francese e movimenti artistici d’avanguardia da cui prendere
insegnamenti per il futuro e trasse ispirazione per una serie di
elementi decorative provenienti dal folklore di quei paesi che si
ritroveranno nei modelli degli anni seguenti.
Nel
1911 ebbe un’altra idea di espansione della Maison: la produzione
di profumi, presto assocciata ad un’intera gamma di prodotti che
andavano dale creme alle ciprie, a tutto quello che le signore
potevano cercare in una profumeria; era la prima volta che il nome di
un couturier veniva associato a quello di una linea di prodotti di
bellezza.
Ormai
la fama di Poiret era costruita e i suoi modelli influenzavano la
moda, le riviste di costume spiavano le sue uscite cercando di
cogliere la più piccola novità e così nell’autunno del 1913
decise di compiere un viaggio pubblicitario in quello che era da
sempre il vero mercato dell’Haute Couture parigina, gli Stati
Uniti.
L’anno
successivo scoppiò la Guerra. Nella primavera del 1917 tentò di
aprire una succursale a New York dove commercializzare non soltanto
gli abiti ma anche i profumi, i mobili e tutti I prodotti da lui
realizzati, ma il progetto non decollò per le difficoltà del
periodo di Guerra.
E
poi la Guerra finì, ma contrariamente a quanto sperato, nulla fù
più come prima. Poiret usciva dall’esperienza duramente provato
dal punto di vista economico e decise di darsi tempo partendo per un
viaggio in Marocco dove ritrovò lo stimolo creativo per
ricominciare. Le sue nuove collezioni si fecero via via sempre più
sapienti e lussuose, i materiali diventarono sempre più ricercati ed
elaborati e le ispirazioni colte.
Nel
1922 intrapprese un altro viaggio negli Stati Uniti ma nello stesso
anno era esplosa la moda à la garconne che sanciva il successo di
Chanel e Patou e così si trovò a fare i conti con la fine del suo
successo.
I
suoi modelli erano ormai troppo complicati e vistosamente lussosi,
egli aveva perfettamente compreso la cultura di riferimento del nuovo
gusto che lo stava tagliando fuori dal mercato, ma questo era così
lontano dalla sua maniera di pensare che si limitava a criticarlo.
Quello che non voleva accettare era che l’America con il suo
funzionalismo, la sua cultura moderna e il suo modo di vivere, era
arrivata a Parigi e aveva invaso l’Europa. Le donne adesso volevano
essere giovani, libere e indipendenti e per questo la moda doveva
diventare facile, semplice e comoda e questo ripugnava a Poiret.
Testo
tratto da: Storia della moda XVIII-XX secolo, Enrica Morini, edizioni
Skira
NOTE
Doucet
Jacques
(1853-1929). Stilista francese. È considerato, insieme a Worth, il
padre della moda francese.
Erede
d'una ditta di biancheria per uomo, fondata dal nonno (1816), ne
muterà volto e finalità. Più che stilista si considererà sempre
un dandy che amava ideare per un'altolocata clientela francese ed
europea sulla sua stessa lunghezza d'onda, abiti in sintonia con gli
arredi Art Nouveau. Fu tra i primi stilisti, a cavallo del XX secolo,
a rifiutare il busto e il corpo innaturale che imponeva alla donna.
Predilesse gli abiti da casa, déshabillé, in tulle e pizzi, in lino
ricamato o dipinto a fiori, soprattutto ortensie. Divenne famoso per
i colori madreperlacei degli abiti da pomeriggio, per i cappotti
bordati di pelliccia e per le pellicce trattate come un morbido
tessuto. Nel '28, la casa Doucet si fuse con quella Doeuillet.
Worth
Maison
d'alta moda creata da Charles Frédérick Worth (1825-1895).
Importante figura di creatore di moda del XIX secolo, inventore del
concetto di haute couture, fu personalità capace di capovolgere il
secolare meccanismo di diffusione delle mode, imponendo il proprio
gusto di uomo borghese alle più illustri aristocrazie europee e
riuscendo a imprimere ai suoi modelli valore e unicità attraverso la
propria etichetta. Nato a Bourne, nel Lincolnshire, inizia a lavorare
all'età di 12 anni come commesso a Londra in grandi empori
specializzati nella commercializzazione di stoffe, tappezzerie,
scialli e sete. Giovane e ambizioso, nel 1845 decide di trasferirsi a
Parigi, capitale del gusto e della moda internazionali,
intraprendendo la carriera di venditore nel celebre "magasin de
nouveautés" Gagelin e dopo solo cinque anni riesce ad aprire un
reparto sartoria divenendone il responsabile. Nel 1857-58 decide di
lasciare Gagelin per avviare una propria attività, assieme a un
socio di origine svedese, Otto Bobergh, al 7 di rue de la Paix,
anonima strada parigina che grazie alla sua impresa diverrà la più
celebre della capitale. Gli inizi difficili, con una gestione di
venti operaie, sono presto coronati dal successo, ottenuto attraverso
un abito per la principessa Pauline de Metternich, moglie
dell'ambasciatore prussiano alla corte di Francia. Presentato da
quest'ultima all'imperatrice Eugenia, nel 1859 diviene sarto
ufficiale di corte, specializzandosi in toilette da sera e in abiti
da ballo in tulle operato e merletto, e interpretando in maniera
personale il gusto spagnolo della Montijo attraverso boleri, pizzi e
mantiglie dalle tinte decise. Dopo aver portato la cage-crinoline
alla sua massima espansione nel 1859-60, con esemplari arricchiti da
centinaia di volant, dal 1865 inizia a ridurne progressivamente
l'ampiezza, cogliendone in anticipo la saturazione. Al suo posto
propone prima la demì-crinoline e poi la tournure (o pouff),
definitivamente sancita nel 1867-68, che relegava drappeggi e
imbottiture sulla parte posteriore dell'abito, appiattendo il davanti
della gonna. Sarà lui dunque a stabilire un ritmo diverso
nell'avvicendarsi delle mode, introducendo varianti di forme e
novità, inventando anche nuove tipologie di vestiario come l'abito
princesse, realizzato la prima volta per l'imperatrice Eugenia e per
Alessandra del Galles. Questa foggia si presentava come una veste
sciolta e comoda, cucita senza tagli in vita, diversa dai consueti
abiti femminili del tempo, composti da gonna e corsetto staccati.
Così Worth introdurrà il concetto di novità nei guardaroba quasi
immutabili del tempo. Utilizzando stoffe sontuose e lavorazioni
esclusive, contribuì dopo il 1871 a rilanciare le seterie di Lione,
spingendo i produttori tessili a elaborare disegni e tipologie sempre
diverse e di grande attualità. Sciolta la società con Bobergh,
causa anche la forzata chiusura dovuta al conflitto franco-prussiano,
nel 1874 i due figli Jean Philippe e Gaston entrano nell'impresa
familiare affiancando il padre nella parte creativa il primo, e
nell'amministrazione il secondo, permettendo così il consolidamento
e l'espansione della sartoria. Fornitrice delle corti di Francia,
Austria, Svezia, Italia, Spagna e Russia, dopo l'avvento della
Repubblica la casa di mode si orienterà verso la nuova borghesia
industriale, verso il mondo della politica e dello spettacolo,
aprendosi all'atmosfera mondana della Belle Époque. Detentore
indiscusso del gusto e dell'eleganza della seconda metà dell'800,
Worth sarà il primo a introdurre concezioni commerciali e sartoriali
innovative: a lui il merito di aver diviso la moda in stagioni e di
aver pensato di fornire cartamodelli delle sue creazioni sul mercato
internazionale, preferendo diffondere personalmente le proprie idee,
piuttosto che cedere alle imitazioni. Muore a Parigi nel 1895
lasciando in eredità ai figli il proprio impero. Dopo un primo
periodo di successi, questi faticheranno a portarlo avanti perché la
concorrenza si era nel frattempo irrobustita. La maison procede con
alterne vicende per tutta la prima metà del '900. Nel 1950, viene
assorbita da Paquin.
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