Elsa
Schiaparelli nacque a Roma nel 1890 in una famiglia di intellettuali
piemontesi che ricoprirono cariche importanti in diversi campi.
Avrebbe voluto fare l’attrice ma la posizione sociale della
famiglia non poteva consentirle di salire su un palcoscenico. Scrisse
poesie in stile vagamente dannunziano e un cugino, critico d’arte e
collezionista, le scoprì e convinse un editore a pubblicarle. Il
libro scoppiò in famiglia come una bomba. I giornali se ne
impadronirono, estratti furono pubblicati in Italia ma anche
all’estero. Il padre di Elsa considerò tutto questo come un
disonore e si rifiutò di leggerle. Come punizione e per poterla
tenere sotto controllo fu deciso di mandarla in un convento della
Svizzera tedesca. La soluzione però fu temporanea perché Elsa
cominciò uno sciopero della fame che convinse i genitori a recedere
dalla decisione. Un’amica della sorella, un’intellettuale
d’avanguardia, cominciò ad occuparsi di bambini orfani e chiese
informazioni a proposito di una ragazza che potesse aiutarla
nell’impresa. Elsa decise di cogliere l’occasione. Partì
accompagnata da amici di famiglia alla volta di Londra. Quando arrivò
nella capitale inglese si trovò immersa in un’austera atmosfera
sociale unità a profondi movimenti d’innovazione e tutto questo
l’affascinò. Fu qui che conobbe il conte William de Wendt de
Kerlor, uno strano personaggio cosmopolita che praticava e predicava
le nuove dottrine filosofico-religiose di ispirazione orientale che
si stavano diffondendo fra gli intellettuali europei d’avanguardia.
Si sposarono pochissimo tempo dopo, all’inizio del 1914, in una
Londra invasa dalle manifestazioni delle suffragette.
Allo
scoppio della guerra si trasferirono a Nizza e nel 1919 partirono per
gli Stati Uniti. L’impatto con il nuovo mondo fu fortissimo; tutto
era diverso dall’Europa.
Nel
giro di un anno ebbero una figlia, ma il matrimonio si rivelò un
disastro e il marito se ne andò poco dopo. Nello stesso periodo il
padre di Elsa morì e lei si ritrovò a New York con una bambina da
allevare e senza il sostegno economico della sua famiglia di origine.
Si mise a cercare un lavoro qualsiasi e conobbe Gabrielle Buffet, la
poetessa dadaista ex moglie di Francis Picabia, che si offerse di
occuparsi della bambina mentre lei cercava lavoro e che la coinvolse
in un tentativo di vendita di biancheria portata da Parigi. La merce
scelta si rivelò inadatta al mercato americano e l’esperienza
fallì immediatamente. Nel frattempo Gabrielle introdusse Elsa nella
vita di New York e iniziò a frequentare un gruppo di artisti dada e
di fotografi d’avanguardia come Man Ray e Marcel Duchamp. La sua
vita iniziò così a svolgersi fra lavori saltuari e avventurosi,
cambiando continuamente casa e frequentando amici bohemien e fuori
dalle regole borghesi. Sua figlia Gogo si ammalò però di
poliomielite e il 1922 decise di tornare in Europa. Partì per Parigi
insieme ad un’amica, anch’essa madre di una bambina e senza
marito. Fece ricoverare la bambina e si trovò un lavoro presso un
antiquario. Il clima culturale e mondano della capitale francese era
vivacissimo; sembrava addirittura che il dopoguerra avesse aumentato
l’attrazione che la città esercitava sugli artisti e sul bel mondo
internazionale. Tutto sembrò ricominciare come a New York, fra
lavori saltuari, amicizie anticonformiste, dimore precarie e una
grande disponibilità alle esperienze che potevano essere offerte ad
una donna indipendente. Fu in quel periodo che cominciò a inventare
abiti; il colore e il ricamo, due caratteristiche dello stile di
Poiret, furono sempre tra i segni distintivi delle sue creazioni. Ma
non cominciò da quell’idea di lusso Belle Epoque che stava
portando il couturier al fallimento, scelse invece un settore che
negli anni venti stava aprendosi per assecondare la crescente
partecipazione femminile agli sport.
Già
dalla fine dell’Ottocento le donne avevano iniziato a praticare
alcuni sport, ma fu negli anni Venti che la cultura del corpo e
l’attività sportiva divennero una moda diffusa, tanto da
giustificare l’invenzione di un abbigliamento specifico.
L’esplosione dell’eleganza sportiva trovò il suo modello in
Suzanne Lenglen, la famosa tennista che aveva aggiunto un tratto
atletico alla silhouette sottile, androgina ed elegante di madama
Poiret. Con grande scandalo, Suzanne entrò nei campi da gioco più
esclusivi indossando un completo composto da una gonna a pieghe senza
sottovesti e una corta blusa derivata dal gilet maschile, delle calze
di seta bianca e una fascia colorata intorno alla testa. La nuova
divisa s’impose e introdusse nei campi da tennis internazionali,
che ormai erano diventati un appuntamento obbligato per l’alta
società, un completo che lasciava libero il corpo e che univa al
bianco d’obbligo estrosi tocchi di colore acceso. Elsa capì che
questa poteva essere una strada di sicuro futuro e iniziò a
realizzare abbigliamento sportivo. Nel 1925, sostenuta dal
finanziamento di un’amica americana, Mrs. Hartley, acquistò la
Maison Lambal, una piccola sartoria. Nel gennaio 1926 Women’s Wear
Daily le dedicò un servizio. La prima vera collezione fu presentata
nel gennaio 1927 in un minuscolo appartamento in rue L’Université
, dove Schiaparelli abitava. Si trattava soprattutto di maglieria dai
brillanti colori, che si ispirava sia al futurismo sia a Poiret, ed
era realizzata con materiali nuovi, come il kasha, un tessuto di
cachemire particolarmente morbido ed elastico. Il gioco
dell’accostamento dei colori e dei materiali prevedeva cardigan
abbinati con gonne in crepe de Chine, ma anche calze e sciarpe
coordinate ai completi.
Il
modello che poco tempo dopo la lanciò definitivamente nella moda fu
un golf particolare. Lo aveva visto indosso ad un’amica ed era
stata colpita dal suo aspetto solido ed elastico, ma in modo diverso
dal normale lavoro a maglia fatto a mano. Aveva scoperto che era
stato realizzato da una donna armena, una dei tanti profughi di quel
paese che si erano rifugiati a Parigi per sfuggire ai massacri che i
turchi stavano perpetrando nell’Anatolia dell’est. Un particolare
punto a maglia, ottenuto con due fili di lana, permetteva di
realizzare un capo certamente più consistente di quelli tradizionali
europei, e soprattutto, secondo l’innovazione che subito apportò
Elsa, di inventare effetti di disegno utilizzando i due fili di
colore diverso; “ disegnai un grande nodo a forma di papillon sul
davanti, come una sciarpa arrotolata intorno al collo”. Quando
finalmente venne raggiunto l’effetto desiderato, fu lei stessa a
indossare il maglione in pubblico e immediatamente attirò
l’attenzione sulla novità. A tempo di record furono trovate le
donne armene che sapevano lavorare a maglia, furono riunite in un
albergo dove realizzarono i maglioni, furono cucite le gonne da
accompagnare a ciascuno di essi in un tessuto che Elsa aveva
acquistato in saldo alle Galeries Lafayette. La nuova idea s’impose
a Parigi attraverso un canale che ormai stava diventando normale per
la diffusione delle mode: quello delle attrici e dei personaggi da
rotocalco. Vogue francese pubblicò nel numero di Agosto 1927 con il
titolo “L’eleganza del golf lavorato a mano” e il 15 dicembre
Vogue America li presentò come Opere d’arte. A questo punto la
fantasia di Elsa si scatenò e sui golf comparvero cravatte da uomo,
nodi, fazzoletti al collo, scialli, schemi per cruciverba, ma anche
effetti misti come foulard stilizzati che terminavano con cocche di
tessuto reale o cinture disegnate chiuse con vere fibbie di metallo.
Negli anni seguenti la ricerca sul trompe-l’oeil si radicalizzò e
la maglia divenne immagine del corpo, allora Elsa la riempì di
tatuaggi con cuori trafitti e scritte allusive come fosse il petto di
un marinaio, oppure la illuminò del disegno in bianco dello
scheletro di chi la portava come fosse visto ai raggi X.
Nel
giro di poco tempo tutte le donne alla moda ebbero un suo maglione
che a New York era in vendita a 95 dollari. Nonostante la richiesta
crescente, Elsa ne limitò sempre in modo drastico la produzione per
conservare loro un valore elitario e di alta moda. La produzione,
comunque, era in continuo sviluppo, tanto che Schiaparelli dovette
assumere una responsabile per questo settore.
como dizia chanel, elsa schiaparelli era "aquela artista que fazia vestidos", uma fantasiosa estilista que revolucionou a moda com clientes como Dietrich e Kate Hepburn... nota 11
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