giovedì 6 settembre 2012

Storia della moda nel XX secolo. Lezione 20. CHRISTIAN DIOR seconda parte


Il primo contatto fra Dior e il più importante cotoniero di Francia non  fu di certo casuale.
Boussac aveva valutato che il momento era propizio per investire nella Haute Couture e i guadagni fatti con il cotone e con la produzione tessile a basto costo gli davano la possibilità di tentare l’impresa di rilanciare la grande sartoria francese. Il suo progetto era quello di creare una maison innovativa nel gusto e nell’aspetto, capace di produrre uno stile diverso, ma in cui lavorare secondo le più raffinate tradizioni dell’artigianato di qualità. Egli riteneva che i mercati stranieri, dopo la lunga stagnazione della moda dovuta alla guerra, reclamano modelli realmente nuovi. Tutto quello che una maison doveva rappresentare era il gusto, la ricercatezza, la perfezione artigianale, il lusso, l’esclusività e l’eleganza. Ma non era più necessario che tutto ciò venisse prodotto da un piccolo atelier capace di rispondere solo a pochi clienti dai gusti raffinati. Una maison di Haute Couture poteva essere il centro propulsore di un modello di raffinatezza da estendere a una società più allargata di quella che aveva frequentato Parigi nei decenni precedenti.
Su queste basi fu così organizzato lìincontro tra Boussac e Dior e il contratto che venne stilato significava la creazione di una nuova griffe: Boussac impegnò nell’impresa sei milioni di franchi e un credito illimitato, da parte sua Dior ebbe uno stipendio, un terzo dei guadagni e, per statuto, l’incarico di direttore della SARL Christian Dior.
Stipulato l’accordo iniziale, l’impostazione dell’impresa passò nelle mani del couturier che cominciò a dare forma al suo progetto, innanzitutto costituendo la squadra con cui lavorare e poi scegliendo la sede adatta per la maison; due scelte delicate e fondamentali, perchè da esse dipendeva la riuscita dell’iniziativa: la prima, perchè era solo sulla professionalità dei collaboratori che poteva fondarsi il suo successo, la seconda, perchè l’edificio scelto e il modo di arredarlo potevano costituire un veicolo attraverso cui comunicare il gusto della moda Dior.
La notizia dell’investimento economico straordinario aveva fatto il giro delle redazioni di tutte le riviste, creando un clima di grande attenzione.
Il più importante quotidiano di moda degli Stati Uniti “Women’s Wear Daily” il 17 novembre 1946 annunciò un’indiscrezione: la prossima apertura della Maison Dior.
Per quanto riguardava la sede, si cominciò a cercare una collocazione che fosse all’interno del perimetro del commercio di lusso, ma anche vicina a un albergo adatto alla clientela cui si stava pensando. Identificata la collocazione, si iniziò ad occuparsi della ristrutturazione degli interni che riprese lo stile Luigi XVI-1900 che ra tanto piaciuto alla borghesia di inizio secolo e che aveva fatto da cornice all’infanzia di Christian Dior nell’appartamento di Parigi: boiseries bianche, mobili laccati, tinte grigie. I lavori iniziarono il 16 dicembre 1946, mentre si preparava già la collezione che doveva sfilare in febbraio, durante la settimana di presentazione della moda della primavera. Metri di tela di cotone bianca assicuravano il segreto dei modelli e proteggevano i tavoli e gli scampoli ammonticchiati da una polvere perennemente in sospensione. Mentre si lavorava alla collezione, procedeva febbrilmente l’attività di promozione in cui vennero coinvolte, a vario titolo, amiche e conoscenti di Dior, che utilizzarono le loro conoscenze, per contattare nel mondo intellettuale e nell’alta società della capitale, quelle che avrebbero potuto essere le future clienti ideali della Maison. Tutta la Parigi ‘che contava’ parlava del nuovo astro nescente e gli amici che Dior aveva accumulato nel corso degli anni nei diversi ambienti che aveva frequentato facevano da cassa di risonanza. Anche le giornaliste delle grandi testate, come Vogue e Harper’s Bazar, contribuirono a creare il clima di attesa.
Ma la straordinarietà dell’impresa che stava per decollare e la possibilità di legarsi ai suoi destini aveva colpito soprattutto la fantasia degli imprenditori, molti dei quali offrirono a Dior il loro contributo. Il primo fu un amico d’infanzia, Serge Heftler Louiche, che propose di costituire insieme una socità per i profumi con il nome della nuova griffe; era ormai un dato assodato che il legame commerciale fra le due ppproduzioni aveva sempre dato risultati positivi. L’idea fu sottoposta a Boussac che diede il proprio assenso, e si cominciò subito a lavorare anche intorno a questa realizzazione. Dior decise di chiamare il nuovo profumo “Miss Dior” e Vacher realizzò l’essenza, che fu presentata al pubblico insieme alla prima collezione. L’anno dopo venne formalizzata la SARL dei profumi Christian Dior. Fu poi la volta di un industriale americano che, dopo aver letto la notizia pubblicata su “Women’s Wear Daily” propose a DIor di utilizzare nelle collezioni le sue calze Prestige in cambio di cinquemila dollari e di pubblicità nei magazzini di moda statunitensi. Si presentò anche un produttore di seta cinese che vendeva shantung: un arrivo quanto mai prezioso in una situazione in cui l’industria tessile francese era ancora sotto gli effetti della guerra. Fu proprio con questo meteriale che venne realizzata la giacca Bar, che divenne il simbolo della collezione.


** Il testo delle lezioni su Dior sono tratti dal libro: Storia della moda XVIII-XX secolo, scritto da Enrica Morini, edizioni Skira. 

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