lunedì 3 agosto 2020

Appunti Femministi. Le donne negli anni '50

"It’s the bras. And the girdles and the corsets, 

all designed to cut off the circulation to your brain, 

so you walk around on the verge of passing out, 

and you look at your husband, 

and he tells you things, and you just believe them.“ 





Ho deciso di  inaugurare la mia nuova rubrica  APPUNTI FEMMINISTI con una citazione presa dalla mitica sig.a Maisel; sarà questa una nuova rubrica senza pretese che avrà come  obbiettivo quello di essere una appendice un pò meno frivola ai miei post che parlano di moda.


Immagino che conosciate già tutti “La fantastica Sig.a Maisel“ , sicuramente una delle mie serie  televisive preferite di sempre.

Per chi se la fosse persa segue una brevissima sinossi:

il titolo originale è The Marvelous Mrs. Maisel ed è una serie televisiva statunitense prodotta da Amazon Studios, ideata, scritta e diretta da Amy Sherman Palladino.

La protagonista è Miriam Maisel interpretata da una bravissima Rachel Brosnahan. Miriam è una giovane casalinga ebrea, felicemente sposata, madre di due figli,  cresciuta in un lussuoso palazzo dell' Upper West Side a Manhattan. Miriam è apparentemente una donna con una vita invidiabile fino a quando il marito Joel le confessa di avere una relazione con la sua segretaria e la lascia. Sconvolta si rivolge ai suoi genitori in cerca di un sostegno ma chiaramente riceve critiche e sensi di colpa, torna casa distrutta, si ubriaca ... e non aggiungo altro di specifico... dirò solo che inciampa per caso in un suo enorme talento e decide con grande coraggio di cercare la sua indipendenza e soprattutto la vera se stessa.

Quella che viene ritratta è una società ancora totalmente in mano agli uomini, dove vige la legge  non scritta dell’apparire, dove quel che pensano gli altri è più importante di tutto, dove il conformismo è soffocante e decidere di non farne parte vuol dire andare avanti da soli. 

Questa serie televisiva è un bellissimo omaggio al femminismo, una storia che fa tanto ridere, davvero tanto, pur parlando di cose serie come la rivalsa, il coraggio e l'emancipazione. 

Tutto è impeccabile in ogni suo aspetto, a partire dai dialoghi serrati e divertenti, dai costumi, il trucco e parrucco e le scenografie sempre perfetti in ogni inquadratura e in ogni dettaglio, dai  numeri musicali elaborati e bellissimi e naturalmente dai suoi interpreti, tutti attori molto bravi che danno vita a personaggi indimenticabili. Ogni inquadratura è così piena di cose che lo spettatore non sa dove fissare l'attenzione e la ricerca della perfezione è davvero maniacale. Oltre a tutto questo, che sono già molti motivi validi per guardare questa serie, il grande pregio di questa produzione è che parla in modo molto intelligente della donna e della sua posizione nella società degli anni ’50 e lo fa annegando tutte le tristi ingiustizie di quegli anni in una marea di risate.  





Siamo negli anni ’50, le donne hanno fatto la loro parte durante il conflitto mondiale e adesso viene loro chiesto di ritirarsi nuovamente nel focolaio domestico. Per reazione ai duri anni durante i quali le famiglie sono state divise e spesso distrutte, si assiste ad un ritorno  dell’esaltazione del matrimonio e della maternità, del calore domestico e del buon andamento della casa. L’uomo impone a quelli che furono i primi importanti passi verso l’emancipazione femminile di fare retro marcia. Durante il conflitto mondiale  c’erano stati troppi sconfinamenti nei domini maschili e la donna lavoratrice rimandava a un’idea di messa in discussione dei ruoli.

Il mondo occidentale guidato dall’esempio americano si avvia a diventare una moderna società capitalistica ed è in questo momento che nasce la figura della casalinga moderna. Ormai in molte case, non più solo in quelle delle famiglie più abbienti, fanno la loro comparsa i televisori che propongono i modelli educativi. Nelle trasmissioni televisive e negli spot pubblicitari le donne vengono rappresentate principalmente attraverso due elementi: il loro aspetto fisico e il loro ruolo nella società. In quegli anni piaceva pensare che la donna fosse una casalinga appagata, una bella moglie, una brava madre e una consumatrice entusiasta in cerca di modernità. 

Nel frattempo per quanto stesse aumentando la presenza di studentesse nelle scuole superiori, per tutto il decennio furono ancora molto poche le donne che frequentarono l’università e terminati gli studi i lavori comunque possibili si trovavano per lo più all’interno di una stretta tipologia di mestieri, tra i quali cameriere, segretarie e commesse e nelle fabbriche le donne vennero segregate nelle categorie e qualifiche più basse, con conseguenti salari di molto inferiori rispetto ai loro colleghi maschi.

Altro fenomeno importante in quegli anni fu lo spostamento dalle campagne di molte giovani coppie che andavano in città in cerca di un lavoro. Questo interruppe reti parentali e amicali intense di grande condivisione riducendo il livello di socializzazione. I nuovi appartamenti divennero per le donne ambienti di totale solitudine e questo valeva soprattutto per le famiglie più povere, dove non c’era disponibilità di abbastanza denaro per uscire quanto meno la sera e nei fine settimana alla ricerca di amicizie, distrazioni e divertimenti.


Mi viene in mente il celebre saggio della giornalista americana Betty Friedan “ La mistica della femminilità “.

Friedan fece una accurata indagine attraverso una serie di interviste a donne diplomate o laureate del ceto medio attraverso le quali cercava di capire quale fosse il loro livello di soddisfazione rispetto alle loro aspettative giovanili, spinta dalla considerazione che molte donne adulte americane fossero predisposte all'abuso di alcol e psicofarmaci.

Il risultato fu un ritratto di donne apparentemente appagate dall’amore dei mariti e dei figli ma che in realtà vivevano in una condizione di infelicità, depressione e disagio psicologico.La giornalista cercò di capire coma fosse potuto accadere che tutte queste donne avessero accettato di essere rinchiuse in un ruolo deciso dal modello americano rinunciando ai loro sogni di realizzazione professionale, per dedicarsi esclusivamente alla maternità e alla vita casalinga segregate nei sobborghi residenziali americani. 

Friedan individua i soggetti responsabili della diffusione di un deliberato progetto di persuasione e condizionamento tra i direttori di giornali e trasmissioni televisive, gli educatori, gli psicanalisti, i sociologi ... che chiaramente erano tutti maschi.


 









Prima degli anni ’50 erano stati fatti grandi passi verso la liberazione del corpo femminile, basti pensare ai corsetti con le stecche di balene che usavano le donne nel 1700 e nel 1800; assai dolorosi da indossare  impedivano letteralmente molti movimenti ed erano spesso causa di traumi, come lo spostamento delle costole. Il corsetto costringente era stato utilizzato per diversi secoli come accessorio in grado di modificare le naturali forme del corpo femminile, obbligandolo alla forma considerata migliore e naturalmente più desiderata dagli uomini.

L'abolizione dei corsetti fu uno degli argomenti per la liberazione della donna sostenuto dai movimenti femministi: l'attivista americana Elizabeth Stuart Phelps, incitava le donne a dare fuoco ai loro corsetti:

" Fate un falò delle crudeli stecche d’acciaio che per così tanti anni hanno tiranneggiato sul vostro torace e addome. E tirate un sospiro di sollievo per la vostra emancipazione che, ve lo posso assicurare, inizia da questo momento."


Negli anni '50  quel tipo di bustini per fortuna non venivano più indossati ma il bisogno di modificare le forme del corpo delle donne  non era del tutto superato e la moda tornò a proporre una silhouette dal busto compresso e la vita sottile. In quegli anni le donne dovettero tornare ad indossare il bustino, realizzato adesso in nylon, in grado di creare l’effetto clessidra su qualsiasi silhouette e molto in voga era lo stringivita, una sorta di guaina elastica, a volte cucitall’interno degli abiti stessi, che strizzava letteralmente la vita. 


" Non dimenticate mai che siete prima di tutto mogli "

consigliava la stilista americana Anne Fogarty nel suo libro Wife-Dressing del 1959, la quale riteneva assolutamente necessario che le donne portassero sempre e ovunque un busto stretto attorno alla vita, durante un cocktail party a casa di amici ma anche mentre si passava l'aspirapolvere in salotto. La stessa Fogarty s'inguainava con tale rigore che non riusciva mai a sedersi, ma quel fastidioso genere di costrizione le procurava un piacere enorme, dato che le imponeva un contegno impeccabile.





Ed ora, in conclusione, è doveroso un breve approfondimento al lavoro quasi miracoloso della costumista Donna Zakowska

Per costruire il guardaroba di Miriam Maisel sono stati sfogliati tantissimi numeri dell’edizione francese di Vogue dal 1957 al 1960, riscoprendo "un punto altissimo della moda femminile". I punti di riferimento sono stati Grace Kelly, Audrey Hepburn e l’icona sexy Mamie Van Doren. 

Il risultato è un tripudio di look anni 50 per cui perdere la testa; Miriam e sua madre Rose sfoggiano abiti alla velocità di sette o otto capi a puntata, un numero spropositato, ancor più sorprendente se affiancato alla cura con cui sono stati realizzati. Sul set di ogni stagione hanno lavorato venticinque sarti per dodici settimane, che hanno inoltre vestito circa cinquemila comparse. L’esuberanza della protagonista viene espressa attraverso un abbigliamento multi-cromatico, che la costumista Donna Zakowska ha definito “da musical”. Zakowska ha disegnato la maggior parte dei cappelli e reperito tutte le borse e le scarpe, rigorosamente vintage, dopo aver setacciato gli shop online e contattato i collezionisti.









" Why do women have to pretend to be something that they're not?
Why do we have to pretend to be stupid when we're not stupid?
Why do we have to pretend to be helpless when we're not helpless? 
Why do we have to pretend to be sorry when we have nothing to be sorry about?
Why do we have to pretend we're not hungry when we're hungry? "




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