Amato ed indossato da tutti, universale e sempre di tendenza, il denim è un tessuto che è ormai diventato un must have nel guardaroba di ognuno di noi. Per ricostruire la storia del denim o tela jean dobbiamo fare un enorme passo indietro di qualche secolo e arrivare circa al 1400, quando in alcune città europee si inizia a produrre un fustagno ruvido e molto rigido. Pare che in Italia, più precisamente in Piemonte, si producesse un fustagno di color indaco, di qualità media e di prezzo accessibile, che incrociava una trama di cotone proveniente dalla Turchia con un ordito che poteva essere di lino o di canapa, fibre che venivano coltivate nelle nostre pianure; robusto ed economico veniva utilizzato per realizzare i sacchi per le vele delle navi e per coprire le merci nei porti. In seguito, proprio al porto di Genova, si decise di provare ad utilizzare questo tessuto per confezionare le divise dei lavoratori portuali, i Camalli, gli scaricatori di porto, i quali erano alla ricerca di un materiale resistente, in grado di soddisfare il loro bisogno di muoversi agilmente e soprattutto di non bagnarsi.
Camallo
Il lavoro forse più antico legato al porto di Genova è quello del “camallo”.
I camalli erano i faticatori del porto che, grazie alla loro abnegazione ed indubbia forza fisica, quando ancora le macchine non erano presenti ad agevolare le fatiche dell’uomo, provvedevano a spalla al trasferimento delle merci dalla stiva della nave alle banchine per essere in seguito spedite con i carri a destinazione.
Il termine camallo avrebbe origine dalla parola araba “hammal”, letteralmente faticatore a spalla.
( http://www.comune.genova.it/content/camallo)
Ma come si deve chiamare quindi quel fustagno per essere corretti, denim o tela jean? I due termini oggi sono sinonimi e fanno riferimento ad un unico oggetto, il pantalone taglio jeans, ma in passato si riferivano a due tipi di tessuto simili ma con caratteristiche strutturali differenti. Secondo alcune versioni il termine inglese “blue jeans” deriva dal termine francese “bleu de Gênes” , che in italiano sarebbe “blu di Genova”, indicando quindi il fustagno che veniva prodotto in Piemonte; si diffuse l'utilizzo di questo termine quando, nella seconda metà del Cinquecento, l’Inghilterra importava grandi quantità di questo fustagno dall’Italia. Mentre l'origine del termine denim deriva da "tela de Nimes”, che indica la città francese Nîmes, dove veniva prodotto un tessuto simile ma con una armatura diversa, particolare per la sua trama diagonale, tipo di tessitura visibile grazie alle diverse tonalità della trama e dell’ordito, infatti l’ordito era blu, mentre la trama era bianca.
Camalli del porto al lavoro
Nella seconda metà dell’800 i due tessuti sbarcano in America e la loro strada si interseca e si fonde, ed è qui che inizia la storia dei Blue Jeans, attraverso le intuizioni e le continue innovazioni dei tre grandi brand pionieri, Levi's, Wrangler e Lee, la quale produzione coinciderà fino agli anni Cinquanta con l'intera produzione mondiale.
Si tende a far coincidere la nascita dei Blue Jeans con il 20 maggio 1873, quando l'ufficio brevetti americano attribuisce a Levi Strauss e Jakob Davis il diritto di produrre in via esclusiva dei pantaloni rinforzati da rivetti di metallo.
Jakob Davis era un sarto, confezionava giacche e pantaloni che venivano indossati per svolgere lavori pesanti, ed era alla ricerca di un modo per evitare che si lacerassero facilmente in corrispondenza delle tasche e del cavallo. Gli venne l'idea di applicare dei rivetti di rame in corrispondenza dei punti deboli per rinforzarne le cuciture e questa si dimostrò una innovazione straordinaria che diede vita ad un capo che rispondeva finalmente alle esigenze dei lavoratori impiegati nelle miniere e nelle fabbriche. Non disponendo del denaro necessario per deporre il brevetto, chiese a Levi Strauss, suo rivenditore di tessuti, di aiutarlo.
Levi Strauss era un commerciante all'ingrosso di San Francisco, trasferitosi nella West coast per sfruttare le enormi opportunità che offriva il business della ricerca dell'oro. Il suo negozio vendeva tutto quello che poteva servire ai ricercatori, abiti adatti, attrezzature, generi alimentari, e gli affari gli andavano a gonfie vele e chiaramente non si fece perdere l'occasione.
Nacque quindi il primo modello di Levi's, gli XX, con doppia cucitura sulle tasche e con l' etichetta di cuoio cucita sul retro. Intendiamoci, i pantaloni che venivano confezionati in quel periodo sono in realtà molto diversi da quelli che utilizziamo noi oggi: si chiamavano Waist overalls ed erano di colore marrone chiaro, confezionati con il tessuto denim ma piuttosto leggero, in quanto andavano indossati sopra i propri indumenti per proteggerli sul luogo di lavoro.
Il logo con i due cavalli che che corrono in direzioni opposte, nel tentativo di strappare un paio di pantaloni
Inizialmente Levi Strauss riforniva la rete degli empori che sorgevano nelle città minerarie della california, ben presto intuì che i classici metodi artigianali per confezionare gli indumenti non erano più adeguati ai ritmi di crescita della nuova società e propose un sistema di manifattura in serie che garantiva prezzi bassi e grandi volumi di produzione.
Il successo dei Levi's fu tale che ben presto il mercato cominciò ad affollarsi di concorrenti, ma tra i molti solo due produttori riuscirono ad affermarsi, e furono appunto Wrangler e Lee. Nel giro di un ventennio il mercato americano del jeans venne ripartito in tre parti: Wrangler si affermò negli Stati del Nord, Lee nel Middle West, mentre Levi's continuava a controllare il mercato degli Stati del Sud.
Henry David Lee decise di entrare nel promettente settore dell'abbigliamento nel 1911 dopo essersi arricchito con la distribuzione di generi alimentari. Si rese conto che c'era tutta una fetta di possibili clienti da raggiungere e iniziò a vendere capi d'abbigliamento, e in seguito anche a produrre, tra i mandriani e i contadini. La sua azienda diventerà famosa in brevissimo tempo, grazie alle continue novità: le sue due più importanti invenzioni sono state le Bill Overall, cioè le salopette, e le Union-All, le tute da lavoro che coprivano completamente il corpo del lavoratore; la loro diffusione fu impressionante, perchè erano adatte a qualsiasi tipo di lavoro pesante, proteggendo da capo a piedi i vestiti dei lavoratori, che non si rovinavano, non si sporcavano e non si rompevano. Durante la Prima guerra mondiale Lee divenne fornitore dell'esercito e nello stesso periodo fece una cosa che nessuno nel settore dell'abbigliamento aveva mai fatto prima, lanciò una campagna pubblicitaria su un quotidiano che veniva distribuito in tutti gli Stati Uniti, affermandosi come il più grande produttore di abiti da lavoro dell'intero paese.
La storia di Wrangler è un po' diversa perchè, a differenza degli altri due brand, non prende il nome dal suo fondatore. Il creatore fu C.C.Hudson, un ragazzo del Tennessee, che aprì un'azienda, la Hudson Overall Company che produceva inizialmente solo tute da lavoro. Il suo successo fu rapido, tant'è vero che circa vent'anni dopo venne acquisita da una grande azienda del settore del Kentucky, a cui va il merito nel 1936 di diffondere un'altra importantissima innovazione, la sanforizzazione.
L'azienda assunse il nome che tutti noi conosciamo solo nel 1943, quando ormai si era più volte ingrandita fondendosi con altre aziende del settore, diventando uno dei più grandi colossi nella produzione dell'abbigliamento in denim, assumendo un importante ruolo nella produzione di jeans per cowboy. In inglese il termine Wrangler significa “attaccabrighe” ma nell'americano del West indicava appunto il cowboy in azione.
Nonostante la loro enorme diffusione grazie alle tre grandi aziende del denim, fino alla fine degli anni Venti i jeans non vennero mai concepiti come un capo che si sarebbe potuto indossare nel tempo libero; overalls e Union-All erano solo indumenti da lavoro. Con il crollo di Wall Street del '29 e la successiva Grande depressione l'America fu colpita da una delle più grandi crisi di tutti i tempi, e i vestiti da lavoro diventarono l'abito simbolo di un paese che si rimboccava le maniche per combattere la povertà. Il jeans si trasformò in un capo d'abbigliamento per il tempo libero indossato da tutti, le persone iniziarono ad utilizzare vestiti casual e l'abbigliamento diventò sempre più informale e meno ordinato.
La crisi economica non risparmiò nessuna classe sociale e fu così che ricchi e poveri, alla ricerca di nuovi stimoli e offerte di lavoro, o anche solo per passare le vacanze, non avendo più la possibilità di intraprendere viaggi più costosi oltreoceano, iniziarono a viaggiare verso la California, Il Colorado, il Nevada, il Wyoming e il Montana e lì ad aspettarli c'era il selvaggio West con i suoi Ranch, pieni di cowboy e di pistoleri . Chiaramente stiamo parlando di uno stereotipo ben costruito dal cinema di Hollywood, ma il risultato fu unico ed enorme: tutti volevano indossare i jeans e i giubbotti in denim come i mandriani.
I Dudes, cioè i cittadini come venivano chiamati dai cowboy, tornavano dalle vacanze indossando i capi dello stile western, che divenne nelle strade di New York e Boston una vera e propria moda.
Nel 1931 l'azienda Lee introdusse nel mercato un altro nuovo capo in denim, che fino agli anni Settanta rimase uno dei pezzi più importanti di tutta la storia del brand, la Storm Rider Jacket, ovvero la giacca per coloro che cavalcavano nelle tempeste: chiaramente in tessuto denim ma foderata di lana all'interno e con colletto di velluto a coste.
Il 1934 fu un anno importantissimo in casa Levi's perchè venne finalmente introdotto sul mercato il primo paio di jeans per donne: il Lady Levi's 701. Levi's fece una mossa audace riconoscendo la necessità per le donne di indossare pantaloni pratici e robusti molto prima che la maggior parte dei marchi decidesse di riconoscere che le donne avessero due gambe. Fino agli anni Trenta i pantaloni da donna erano ritenuti socialmente inaccettabili per la maggior parte delle situazioni e chi era in cerca di pantaloni denim di lunga durata e praticità doveva accontentarsi di prenderli in prestito dall'armadio maschile. I Lady Levi's erano in stile western, in tessuto più leggero e con vita alta e vestibilità aderente ai fianchi.
La Seconda Guerra Mondiale fu un altro momento importante per la storia dei Jeans, perchè consentì di diffondere in tutto il mondo quello che fino ad allora era stato un capo d'abbigliamento solo americano. Lo slogan del periodo era “Do your part!“ e l'intera industria tessile mise a disposizione i propri impianti per la produzione di capi da guerra. I soldati americani sbarcavano nei paesi devastati dal conflitto e le loro divise in denim diventarono il simbolo della libertà, alimentando quello che fu poi definito “the american dream”. Al termine della guerra il jeans americano entra negli armadi degli Europei e si apre così per i tre grandi brand un altro immenso mercato. Tutte e tre le aziende possederanno entro la metà degli anni Sessanta i loro primi stabilimenti europei, tutti nelle Fiandre.
I soldati americani partirono per il fronte mettendo nello zaino i loro ormai irrinunciabili jeans, che avrebbero comodamente indossato nel tempo libero, mentre le donne, che andavano a sostituirli nelle fabbriche, li indossavano per andare al lavoro, e i ragazzi li portavano nelle aule delle università.
Nel frattempo nel dopoguerra in America nasce una nuova moda, il Rodeo, e Wrangler ne sarà l'indiscusso protagonista. Ma di cosa stiamo parlando esattamente ? Il Wild West Show era una specie di circo in movimento che inscenava storie avventurose del selvaggio West e i protagonisti erano i cowboy, che si sfidavano in prove di abilità in sella a cavalli e tori. Pensiamo al famosissimo Buffalo Bill's Wild West che arrivò addirittura in Europa. Ad un certo punto il rodeo divenne un vero e proprio sport che continua ad essere fortemente praticato ancora oggi negli stati settentrionali e in quelli rurali dell'ovest. Se tutti e tre i brand cavalcarono la nuova moda, bisogna ammettere che per tutti i protagonisti in gara, allora come oggi, esiste però un solo brand di riferimento: Wrangler.
Nel dopoguerra i jeans diventano il capo casual più diffuso al mondo. Quando gli americani tornarono in patria, abbandonarono in Europa tonnellate di indumenti che per anni fu possibile acquistare nei mercati dell'usato e fu così che in Italia tutti i giovani poterono procurarsi i loro primi blue jeans.
Con l'arrivo degli anni Cinquanta i jeans diventano l'uniforme dei ribelli, i giovani che combattono il perbenismo della generazione precedente, quella che aveva appena sprofondato il mondo dentro uno dei conflitti più tragici di sempre; i giovani vogliono trasgredire tutte le regole, sociali, culturali e sessuali dei loro genitori. Nascono così i bad boys, i cattivi ragazzi, che invece di cavalcare i cavalli selvaggi del west adesso si procurano le motociclette e viaggiano liberi per le strade del paese; pensiamo ai soldati di ritorno dopo anni di guerra, le loro famiglie li aspettano, sono felici di riabbracciarli, ma loro sono cambiati, hanno subito ferite profonde che le loro mogli e madri non sanno comprendere, così si allontanano da tutti alla guida delle loro Harley Davidson, indossando una giacca di pelle nera e un paio di Levi's 501, proprio come le star di Hollywood nei film di grande successo di quegli anni, tra i quali i mitici Gioventù bruciata e Il Selvaggio.
Questa immagine anticonformista dei jeans portò a proibirli nelle scuole e ciò preoccupava non poco i tre grandi brand del denim che iniziarono a diffondere campagne pubblicitarie mirate a difendere l'immagine dei loro prodotti.
Negli anni Sessanta si assiste alla diffusione contemporanea di due tipi di jeans: da un lato abbiamo i bell bottom, i jeans a zampa di elefante, indossati dai giovani hippie e dall'altro iniziano ad essere molto richiesti gli Skinny, i jeans aderenti lanciati dai divi del cinema come Marilyn Monroe, che disegnano perfettamente le curve, diventando un capo d'abbigliamento sexi. Insomma i jeans, che siano indossati in un modo o in un altro, si opponevano comunque sempre agli abiti della classe sociale borghese, tanto contestata dai giovani di quegli anni, che si ribellavano all' educazione che gli veniva data dai loro genitori, al loro modo di pensare, di vivere, di stare insieme e chiaramente anche di vestire.
libri consigliati:
- Denim, a love story: quando un tessuto diventa uno stile di vita. Current-Elliot-Walsh. Ed.Rizzoli
- Blue Blooded. Denim hunters and jeans culture. Thomas Stege Bojer. Ed.Gestalten
- Denim, una storia di cotone e di arte. Giulia Rossi. Ed. Fashion illustrate
- Blue de Genes. Piccola storia illustrata del jeans. Remo Guerrini. Ed. De Ferrari
- Jeans. Ugo Volli. Ed.Lupetti&co
- Denim: an American story. David Little. Ed. A Schiffer book
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